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SONO NULLI I CONTRATTI BANCARI “MONOFIRMA”, CHE POSSONO RITENERSI PERFEZIONATI EX NUNC SOLO AL MOMENTO DEL DEPOSITO IN GIUDIZIO AD OPERA DELLA BANCA – LA NULLITÀ RENDE INDEBITE TUTTE LE SOMME PRETESE ED INCASSATE DALLA BANCA PRIMA DEL PERFEZIONAMENTO IN GIUDIZIO A TITOLO DI INTERESSI ULTRALEGALI, SPESE, COMMISSIONI, ANTERGAZIONE E POSTERGAZIONE DELLE VALUTE ETC. – MASSIME E SENTENZE INTEGRALI

  • Cassazione civile, sez. I 24 marzo 2016, n. 5919 – Pres. Nappi , Est. Di Marzio

“L’art. 23 del D.Lgs. 5/2003 stabilisce che i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento debbano essere redatti per iscritto a pena di nullità. La forma scritta, quando è richiesta ad substantiam, è elemento costitutivo del contratto, nel senso che il documento deve essere l’estrinsecazione formale e diretta della volontà delle parti di concludere un determinato contratto avente una data causa, un dato oggetto e determinate pattuizioni, sicché occorre che il documento sia stato creato al fine specifico di manifestare per iscritto la volontà delle parti diretta alla conclusione del contratto. In applicazione di detto principio il contratto quadro portante la firma del solo cliente è nullo in ragione dell’inammissibilità della convalida del contratto nullo ex 1423 c.c. e non valgono a convalidarlo i documenti esecutivi dello stesso (contabili, conferme di eseguito ecc.), indipendentemente dalla verifica dello specifico contenuto e della sottoscrizione di dette scritture. Neppure la frase firmata dal cliente, nella quale quest’ultimo dichiara che “un esemplare del presente contratto sottoscritto dalla banca ci è stata consegnato” (o altra analoga) è sufficiente a provare l’effettiva sottoscrizione del contratto ad opera della banca stessa o le dichiarazioni di consegna del documento contrattuale che non possiedono i caratteri della “estrinsecazione diretta della volontà contrattuale”, tale da comportare il perfezionamento del contratto, trattandosi piuttosto di documentazione predisposta e consegnata in esecuzione degli obblighi derivanti dal contratto il cui perfezionamento si intende dimostrare e, cioè, da comportamenti attuativi di esso e, in definitiva, di comportamenti concludenti che, per definizione, non possono validamente dar luogo alla stipulazione di un contratto formale.” (Massima de Il Caso).

  • Cassazione civile, sez. I 11 aprile 2016, n. 7068 – Pres. Nappi, Est. Dogliotti

Dopo la stipulazione del contratto di negoziazione, gli ordini di acquisto e le operazioni di compravendita danno luogo ad atti sicuramente negoziali ma non a veri e propri contratti, per di più autonomi rispetto all’originale contratto quadro, di cui essi costituiscono attuazione ed adempimento. La nullità del contratto quadro per vizio di forma incide sulla validità dei successivi ordini di acquisto stante anche l’esclusione di ogni forma di convalida del contratto nullo ex art. 1423 c.c.

Cos’ testualmente: “Va invece accolta la tesi della ricorrente che aveva tempestivamente eccepito la nullità del contratto quadro per vizio di formate non solo la nullità degli ordini di acquisto. Dal contenuto del ricorso ex articolo 19 emergeva la richiesta di dichiarazione di nullità del “contratto di borsa” per assenza di sottoscrizione, richiesta ad substantiam, richiamandosi l’assenza di contratto scritto (violazione dell’articolo 23 T.U.F.) e denunciandosi che non vi era stato alcun contratto di intermediazione ne’ alcun ordine scritto. Errata e’ dunque l’affermazione che l’odierna ricorrente avrebbe eccepito la nullità del contratto quadro in epoca successiva.

Va dunque esaminato se, nella specie, il contratto di negoziazione debba ritenersi nullo. Esso e’ stato prodotto dalla banca e reca la sottoscrizione della ricorrente, ma non del rappresentante della banca stessa.

Al momento della stipulazione erano vigenti la L. n. 1 del 1991, e il Decreto Legislativo n. 58 del 1998. Com’e’ noto, la L. n. 1 del 1991, articolo 6, confermato dal Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23, introduceva il requisito di forma scritta ad substantiam per il contratto quadro (al riguardo Cass. N. 10598 del 2005; 11 del 2004).

E’ appena il caso di precisare che tale requisito richiede necessariamente che siano formalizzate le dichiarazioni negoziali di proposta ed accettazione, in un unico contesto ovvero anche in tempi e contesti diversi.

Sussistendo controversia, la prova dell’esistenza del contratto richiede necessariamente la produzione in giudizio della relativa, o delle relative scritture (Cass. N. 26174 del 2009). Al contrario, la stipulazione non può essere desunta, in via indiretta, da dichiarazioni di contenuto differente (ad es. di scienza, di ricognizione, ecc.). Ne’ potrebbero all’evidenza, sopperire prove testimoniali, per presunzioni, il giuramento o la confessione (tra le altre, al riguardo Cass. N. 2 del 1997).

Orientamento consolidato di questa Corte (tra le altre: Cass. N. 22223 del 2006; n. 12711 del 2014) precisa che alla mancata sottoscrizione di una scrittura privata, può sopperirsi con la produzione in giudizio del documento stesso da parte del contraente non firmatario che se ne intende avvalere.

La giurisprudenza suindicata afferma che la produzione in giudizio, realizza un equivalente della sottoscrizione, con conseguente perfezionamento del contratto ex nunc, salvo, in ogni caso, che l’altra parte abbia revocato la proposta ovvero sia deceduta, determinando la morte; l’estinzione automatica della proposta, che non sarebbe dunque impegnativa per gli eredi.

Giurisprudenza altrettanto consolidata di questa Corte (tra le altre, Cass. S.U. n. 5395 del 2007) afferma che, dopo la stipulazione del contratto di negoziazione, gli ordini di acquisto e le operazioni di compravendita danno luogo ad atti sicuramente negoziali, ma non a veri e propri contratti, per di più autonomi rispetto all’originale contratto quadro di cui essi costituiscono attuazione ed adempimento.

La nullità del contratto incide dunque sulla validità dei successivi ordini di acquisto stante anche l’esclusione di ogni forma di convalida del contratto nullo ex articolo 1423 c.c..

Pertanto, nella specie, la produzione in giudizio del contratto di negoziazione da parte della banca, non rende validi retroattivamente gli ordini di acquisto e le operazioni di compravendita de quibus, con la conseguente necessita’ di restituzione della somma impiegata dal cliente e dei titoli alla banca”.

  • Cassazione civile, sez I 27 aprile 2016, n. 8395 – Pres. Nappi, Est. Acierno

Nel contratto di intermediazione finanziaria, la produzione in giudizio del modulo negoziale relativo al contratto quadro sottoscritto soltanto dall’investitore non soddisfa l’obbligo della forma scritta “ad substantiam” imposto, a pena di nullità, dall’art. 23 del d.lgs. n. 58 del 1998 e, trattandosi di una nullità di protezione, la stessa può essere eccepita dall’investitore anche limitatamente ad alcuni degli ordini di acquisto a mezzo dei quali è stato data esecuzione al contratto viziato.

Così testualmente: “Nel primo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 415 del 1996, articolo 18; Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23; articoli 1326, 1350 e 1418 cod. civ. per non avere la Corte d’Appello dichiarato la nullità del contratto di quadro in quanto non sottoscritto da entrambi i contraenti. Secondo le parti ricorrenti la disciplina normativa applicabile ratione temporis e’ il Decreto Legislativo n. 415 del 1996, articolo 18 che contiene la previsione dell’obbligo della forma scritta. La norma e’ stata sostanzialmente nel successivo articolo 23. Alla luce di questo univoco quadro normativo di riferimento deve ritenersi che la dichiarazione scritta unilaterale pur se ricognitiva di una sola delle parti del rapporto non e’ idonea ad integrare il requisito di validità richiesto dalla legge. Rispetto a tale preciso obbligo di forma risulta irrilevante la previsione contrattuale relativa allo scambio dei documenti contrattuali sottoscritti unilateralmente dall’altra parte e che il rapporto scaturente dal contratto quadro abbia avuto ampia esecuzione. Ciò che manca e’, infatti, la conoscenza o conoscibilità per iscritto del contenuto della dichiarazione negoziale sottoscritta e fatta propria dalla banca. Precisano le parti ricorrenti che la funzione dell’obbligo della forma scritta non si esaurisce nella tutela della trasparenza, come affermato nella sentenza impugnata, ma risponde all’esigenza di dotare una disposizione di volontà di particolare rilievo economico della necessaria certezza e ponderazione che solo la forma scritta può assicurare. Oltre all’assolvimento degli obblighi informativi cui deve conformarsi la condotta dell’intermediario vi e’ un contenuto minimo del contratto quadro desumibile dagli elementi indicati nell’articolo 30 del Regolamento Consob che viene garantito con l’obbligo di redazione del testo per iscritto contenuto anche nelle norme in vigore anteriormente all’articolo 23.

Infine sottolinea la parte ricorrente che la corte d’Appello ha escluso che si possa far valere la nullità del contratto quadro solo rispetto ad alcuni ordini e non dell’intero rapporto. L’uso selettivo della nullità e’ coerente con il peculiare regime giuridico delle nullità di protezione. L’investitore che non può interferire nella formazione del contratto a causa dell’asimmetria negoziale che ne costituisce una delle principali caratteristiche, e’ libero di decidere di avvalersi dell’eccezione di nullità e di limitarne gli effetti restitutori senza travolgere per intero gli investimenti eseguiti.

…La questione formante oggetto del primo motivo e’ stata affrontata in una recentissima pronuncia di questa Corte (Cass. n. 5919 del 2016) con orientamento pienamente condivisibile cosi’ illustrato:

“Il Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23, cosi’ come il precedente Decreto Legislativo n. 415 del 1996, articolo 18 stabilisce che i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento debbano essere redatti per iscritto a pena di nullità, ma gia’ la L. 2 gennaio 1991, n. 1, articolo 6, lettera c), secondo quanto più volte ribadito da questa Corte, poneva il medesimo requisito di forma per la stipulazione del “contratto quadro” (Cass. 7 settembre 2001, n. 11495;Cass. 9 gennaio 2004, n. 111; Cass. 19 maggio 2005, n 10598). La univocita’ e la continuità interpretativa delle norme che si sono succedute in ordine alla qualificazione giuridica dell’obbligo di forma scritta, facilitano l’esame della censura e rendono irrilevante l’individuazione applicabile a tutto il rapporto, al suo momento genetico, al suo sviluppo attuativo.

L’obbligo in questione, dettato, secondo la prevalente opinione, a fini protettivi dell’investitore (Cass. 22 marzo 2013, n. 7283), non e’ incompatibile con la formazione del contratto attraverso lo scambio di due documenti, entrambi del medesimo tenore, ciascuno sottoscritto dall’altro contraente. Non v’e’ difatti ragione di discostarsi dall’insegnamento più volte ribadito, secondo cui il requisito della forma scritta ad substantiam e’ soddisfatto anche se le sottoscrizioni delle parti sono contenute in documenti distinti, purché risulti il collegamento inscindibile del secondo documento al primo, “si’ da evidenziare inequivocabilmente la formazione dell’accordo” (Cass. 13 febbraio 2007, n. 3088; Cass. 18 luglio 1997, n. 6629; Cass. 4 maggio 1995, n. 4856).

Ne consegue che vertendosi in tema di forma scritta sotto pena di nullità, in caso di formazione dell’accordo mediante lo scambio di distinte scritture inscindibilmente collegate, il requisito della forma scritta ad substantiam in tanto e’ soddisfatto, in quanto entrambe le scritture, e le corrispondenti dichiarazioni negoziali, l’una quale proposta e l’altra quale accettazione, siano formalizzate. E, insorta sul punto controversia, vale la regola generale secondo cui, con riguardo ai contratti per i quali la legge prescrive la forma scritta a pena di nullità, la loro esistenza richiede necessariamente la produzione in giudizio della relativa scrittura (Cass. 14 dicembre 2009, n. 26174).

La stipulazione del contratto non può viceversa essere desunta, per via indiretta, in mancanza della scrittura, da una dichiarazione quale quella nella specie sottoscritta dall’investitore: “Prendiamo atto che una copia del presente contratto ci viene rilasciata debitamente sottoscritta da soggetti abilitati a rappresentarvi”.

La verifica del requisito della forma scritta ad substantiam si sposta sul piano della prova, ove trova applicazione la disposizione dettata dal codice civile che consente di supplire alla mancanza dell’atto scritto nel solo caso previsto dall’articolo2725 c.c., comma 2, che richiama l’articolo 2724 c.c., n. 3: in base al combinato disposto di tali norme, la prova per testimoni di un contratto per la cui stipulazione e’ richiesta la forma scritta ad substantiam, e’ consentita solamente nell’ipotesi in cui il contraente abbia perso senza sua colpa il documento che gli forniva la prova del contratto. E la preclusione della prova per testimoni opera parimenti per la prova per presunzioni ai sensi dell’articolo 2729 c.c. nonche’ per il giuramento ai sensi dell’articolo 2739 c.c.. Interdetta e’ altresì la confessione (Cass. 2 gennaio 1997, n. 2; Cass. 7 giugno 1985, n. 3435) quale, in definitiva, sarebbe la presa d’atto, da parte della (OMISSIS), della consegna dell’omologo documento sottoscritto dalla banca.

D’altronde, la consolidata giurisprudenza di questa Corte esclude l’equiparazione alla “perdita”, di cui parla l’articolo 2724 c.c., della consegna del documento alla controparte contrattuale. Nell’ipotesi prevista dalla norma, difatti, il contraente che e’ in possesso del documento ne rimane privo per cause a lui non imputabili: il che e’ il contrario di quanto avviene nel caso della volontaria consegna dell’atto, tanto più in un caso come quello in discorso, in cui non e’ agevole comprendere cosa abbia mai potuto impedire alla banca, che ha predisposto la modulistica impiegata per l’operazione, di redigere il “contratto quadro” in doppio originale sottoscritto da entrambi i contraenti.

E’ stato al riguardo più volte ripetuto che, in tema di contratti per cui e’ prevista la forma scritta ad substantiam, nel caso in cui un contraente non sia in possesso del documento contrattuale per averlo consegnato all’altro contraente, non si può fornire la prova del contratto avvalendosi della prova testimoniale, poiche’ non si verte in un’ipotesi di perdita incolpevole del documento ai sensi dell’articolo 2724 c.c., n. 3, bensi’ di impossibilita’ di procurarsi la prova del contratto ai sensi del precedente n. 2 di tale articolo (Cass. 26 marzo 1994, n. 2951; Cass. 19 aprile 1996, n. 3722; Cass. 23 dicembre 2011, n. 28639, la quale ha precisato che l’esclusione della prova testimoniale opera anche al limitato fine della preliminare dimostrazione dell’esistenza del documento, necessaria per ottenere un ordine di esibizione da parte del giudice ai sensi dell’articolo 210 c.p.c.; per completezza occorre dire che c’e’ un precedente di segno diverso, Cass. 29 dicembre 1964, n. 2974, ma si tratta di un’affermazione assai remota, isolata e per di più concernente una fattispecie in parte diversa).

Resta allora da chiedersi se la validità del “contratto quadro” possa essere ricollegata alla produzione in giudizio da parte sua del medesimo documento ovvero a comportamenti concludenti posti in essere dalla stessa banca e documentati per iscritto.

I ricorrenti hanno più volte richiamato, in proposito, nel ricorso per cassazione, l’autorità di Cass. 22 marzo 2012, n. 4564 (massimata ad altro riguardo) nella quale si trova affermato, con riguardo ad una vicenda simile, pure involgente la stipulazione di un contratto bancario da redigersi per iscritto:

i) che la dicitura contenuta nel documento mancante della sottoscrizione proveniente dalla banca, secondo cui “un esemplare del presente contratto ci e’ stato da voi consegnato”, rendeva ragionevole affermare che l’esemplare consegnato recasse per l’appunto la sottoscrizione della banca;

ii) che la costante giurisprudenza della Corte di cassazione, muovendo dalla premessa che nei contratti per cui e’ richiesta la forma scritta ad substantiam non e’ necessaria la simultaneita’ delle sottoscrizioni dei contraenti, ha più volte ribadito il principio secondo cui tanto la produzione in giudizio della scrittura da parte di chi non l’ha sottoscritta, quanto qualsiasi manifestazione di volontà del contraente che non abbia firmato, risultante da uno scritto diretto alla controparte, dalla quale emerga l’intento di avvalersi del contratto, realizzano un valido equivalente della sottoscrizione mancante;

iii) che, nella specie considerata, anche in mancanza di una copia del contratto firmata dalla banca, l’intento di questa di avvalersi del contratto risultava comunque, oltre che dal deposito del documento in giudizio, dalle manifestazioni di volontà da questa esternate ai ricorrenti nel corso del rapporto, da cui si evidenziava la volontà di avvalersi del contratto (bastando a tal fine le comunicazioni degli estratti conto) con conseguenze perfezionamento dello stesso.

Ritiene pero’ la Corte che al precedente non possa darsi continuità.

E’ stato più volte ribadito che la mancata sottoscrizione di una scrittura privata può essere supplita dalla produzione in giudizio del documento stesso da parte del contraente non firmatario che se ne intende avvalere (Cass. 5 giugno 2014, n. 12711 ove si precisa che, per il perfezionamento dell’accordo e’ necessario non solo che la produzione in giudizio del contratto avvenga su iniziativa del contraente che non l’ha sottoscritto, ma anche che l’atto sia prodotto per invocare l’adempimento delle obbligazioni da esso scaturenti; Cass. 17 ottobre 2006, n. 22223; Cass. 5 giugno 2003, n. 8983; Cass. 1 luglio 2002, n. 9543; Cass. 11 marzo 2000, n. 2826; Cass. 19 febbraio 1999, n. 1414; Cass. 15 maggio 1998, n. 4905; Cass. 7 maggio 1997, n. 3970; Cass. 23 gennaio 1995, n. 738; Cass. 24 aprile 1994, n. 5868, ove si precisa che il principio non trova applicazione allorché il giudizio sia instaurato non nei confronti del sottoscrittore, bensi’ dei suoi eredi; Cass. 28 novembre 1992, n. 12781; Cass. 7 agosto 1992, n. 9374; Cass. 24 aprile 1990, n. 3440; Cass. 7 luglio 1988, n. 4471; Cass. 11 settembre 1986, n. 5552, che ammette il principio solo quando il contraente invochi in proprio favore il contratto ed intenda farne propri gli effetti, e non quando la produzione in giudizio del documento esprima essa stessa la volontà contraria ad alcuni suoi contenuti, come quando sia effettuata al fine di dimostrare con la mancata sottoscrizione del documento la non avvenuta conclusione del contratto contenutovi; Cass. 18 gennaio 1983, n. 469; Cass. 8 novembre 1982, n. 5869; Cass. 23 aprile 1981, n. 2415, ivi, 1981, 2415; Cass. 8 gennaio 1979, n. 78).

La produzione in giudizio da parte del contraente che non ha sottoscritto la scrittura realizza un equivalente della sottoscrizione, con conseguente perfezionamento del contratto, perfezionamento che non può verificarsi se non ex nunc, e non ex tunc, tant’e’ che il congegno non opera se l’altra parte abbia medio tempore revocato la proposta, ovvero se colui che aveva sottoscritto l’atto incompleto non e’ più in vita nel momento della produzione, perchè la morte determina di regola l’estinzione automatica della proposta (v. articolo 1329 c.c.) rendendola non più impegnativa per gli eredi (in senso diverso sembra rinvenirsi soltanto Cass. 29 aprile 1982, n. 2707, secondo cui la produzione in giudizio del documento sottoscritto da una sola parte non determina la costituzione del rapporto ex nunc, ma supplisce alla mancanza di sottoscrizione con effetti retroagenti al momento della stipulazione).

Ne consegue che nel caso di specie la produzione in giudizio del contratto da parte della banca, la cui sottoscrizione difetta, avrebbe determinato il perfezionamento del contratto solo dal momento della produzione, la quale, perCiò, non può che rimanere senza effetti, per i fini della validità del successivo ordine di acquisto delle obbligazioni argentine, tale da richiedere a monte (e non ex post) un valido contratto quadro.

D’altro canto, far discendere la validità dell’ordine di acquisto dal perfezionamento soltanto successivo del “contratto quadro”, non e’ pensabile, stante il principio dell’inammissibilità della convalida del contratto nullo ex articolo 1423 c.c..

Il che esime dal soffermarsi sull’ulteriore questione se la produzione da parte della banca possa determinare il perfezionamento del contratto, sia pure ex nunc, in presenza di una domanda volta ad ottenere la dichiarazione di nullità dell’ordine di acquisto in mancanza di un valido “contratto quadro”, avuto riguardo al rilievo che tale domanda e’ di mero accertamento e, a differenza di quelle costitutive, quali quelle di annullamento o di risoluzione e non presuppone l’avvenuta conclusione del contratto.

Per tale ragione, dunque, il “contratto quadro” non può dirsi utilmente perfezionato (si’ da sorreggere il successivo ordine di acquisto) per effetto della sua produzione in giudizio da parte della banca.

Il problema dell’anteriorità del perfezionamento del “contratto quadro” non si porrebbe, invece, se potesse attribuirsi rilievo alla volontà della banca di avvalersi del contratto desumibile dalle contabili, attestati di seguito e dall’esecuzione del contratto medesimo.

Ma cosi’ non e’. In generale, nei contratti soggetti alla forma scritta ad substantiam, il criterio ermeneutico della valutazione del comportamento complessivo delle parti, anche posteriore alla stipulazione del contratto stesso, non può evidenziare una formazione del consenso al di fuori dello scritto medesimo (Cass. 7 giugno 2011, n. 12297).

E, fin da epoca remota, questa Corte ha affermato che il documento ha valore, per i fini del soddisfacimento del requisito formale, “in quanto sia estrinsecazione diretta della volontà contrattuale” (Cass. 7 giugno 1966, n. 1495). La forma scritta, quando e’ richiesta ad substantiam, insomma elemento costitutivo del contratto, nel senso che il documento deve essere l’estrinsecazione formale e diretta della volontà delle parti di concludere un determinato contratto avente una data causa, un dato oggetto e determinate pattuizioni, sicché occorre che il documento sia stato creato al fine specifico di manifestare per iscritto la volontà delle parti diretta alla conclusione del contratto (Cass. 1 marzo 1967, n. 453; Cass. 22 maggio 1974, n. 1532; Cass. 7 maggio 1976, n. 1594; Cass. 9 marzo 1981, n. 1307; 30 marzo 1981, n. 1808; 18 febbraio 1985, n. 1374; Cass. 15 novembre 1986, n. 6738; Cass. 29 ottobre 1994, n. 8937; Cass. 15 dicembre 1997, n. 12673;Cass. 6 aprile 2009, n. 8234; Cass. 30 marzo 2012, n. 5158; da ultimo Cass. 12 novembre 2013, n. 25424, secondo cui non soddisfa l’esigenza di forma scritta ad substantiam l’attestazione di pagamento sottoscritta dall’accipiens e dal solvens).

Orbene, e’ di tutta evidenza che documentazione quale quella in questo caso depositata dalla banca, indipendentemente dalla verifica dello specifico contenuto e della sottoscrizione di dette scritture, non possiede i caratteri della “estrinsecazione diretta della volontà contrattuale”, tale da comportare il perfezionamento del contratto, trattandosi piuttosto di documentazione predisposta e consegnata in esecuzione degli obblighi derivanti dal contratto il cui perfezionamento si intende dimostrare e, cioè, da comportamenti attuativi di esso e, in definitiva, di comportamenti concludenti che, per definizione, non possono validamente dar luogo alla stipulazione di un contratto formale”.

Rimane da esaminare il rilievo sollevato in controricorso relativo all’abusività e conseguente illegittimità dell’eccezione di nullità “selettiva” del contratto quadro, in quanto rivolta esclusivamente a produrre effetti nei confronti di alcuni acquisti di prodotti finanziari. Al riguardo la Corte d’Appello ha ritenuto che la nullità denunciata non può che investire l’intero rapporto. Non può essere consentito all’investitore, pena l’inammissibile esercizio strumentale ed abusivo del diritto, di limitare ad alcuni investimenti gli effetti della invocata invalidità del contratto quadro.

L’assunto non può essere condiviso dal momento che, nella specie, il requisito della forma scritta ad substantiam per il contratto quadro non determina una modificazione della qualificazione giuridica della nullità che consegue all’inosservanza dell’obbligo di forma. Anche tale nullità e’ rilevabile esclusivamente dall’investitore ed configurabile come nullità di protezione. L’applicazione del regime giuridico rigoroso della forma scritta ad substantiam, derivante dall’esame testuale dell’articolo 23 T.U.E. nell’interpretazione conforme di questa Corte (S.U. n.26724 del 2007) non ne modifica ne’ la natura ne’ la funzione ne’ le modalità di rilievo. L’eccezione può, di conseguenza, essere prospettata dalla parte, coerentemente con l’interesse sostanziale dedotto in giudizio.

Al riguardo deve rilevarsi che l’investitore ex articolo 99 e 100 c.p.c. può selezionare il rilievo della nullità e rivolgerlo agli acquisti (o più correttamente i contratti attuativi del contratto quadro) di prodotti finanziari dai quali si e’ ritenuto illegittimamente pregiudicato, essendo gli altri estranei al giudizio. La rilevabilita’ d’ufficio, peraltro non incondizionata, delle nullità di protezione, affermata di recente dalle S.U. nella sentenza n. 26242 del 2014, si limita a configurare la possibilita’ di estendere l’accertamento giudiziale anche a cause di nullità protettive non dedotte dalle parti senza tuttavia consentirne il rilievo anche ad atti diversi da quelli verso i quali la censura e’ rivolta.

L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento dei rimanenti nonche’ dei due motivi del ricorso incidentale”.

  • Cassazione civile, sez I 27 aprile 2016, n. 8396 – Pres. Nappi, Est. Acierno

“MOTIVI DELLA DECISIONE

Nel primo motivo di ricorso viene dedotta la falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23, per non avere la Corte d’Appello dichiarato la nullità del contratto quadro per inosservanza dell’obbligo di forma scritta. L’articolo 23 richiede la forma scritta ad substantiam del contratto quadro a pena di radicale invalidità del medesimo. La dichiarazione scritta unilaterale in quanto ricognitiva di una sola delle parti del rapporto non e’ idonea ad integrare il requisito di validità richiesto dalla legge. La giurisprudenza di merito largamente prevalente segue costantemente tale orientamento. E’ conseguentemente indispensabile la produzione del documento sottoscritto da entrambe le parti, non potendo tale difetto probatorio essere colmato con la confessione, la prova per interrogatorio formale, la prova per testimoni e tanto meno il ricorso alle presunzioni o alla mancata contestazione.

Peraltro con la proposizione dell’eccezione di nullità deve ritenersi revocato il consenso pregresso con conseguente impossibilita’ del perfezionamento dell’incontro di volontà mediante la produzione del modulo sottoscritto dalla parte che ne ha invocato l’invalidità. Il modulo prodotto dalla banca e’ solo una parte del contratto che avrebbe dovuto essere concluso per scambio di corrispondenza, non potendo ritenersi un documento contrattuale comune, di formazione bilaterale che, sebbene sottoscritto da uno solo dei contraenti, rechi la dichiarazione d’incontro delle rispettive volontà ma un contratto che si sarebbe formato mediante lo scambio di proposta ed accettazione separate. Ciò comporta, secondo la parte ricorrente, la produzione di una proposta di contratto, priva dell’attitudine a provare l’esistenza di un documento partecipativo di formazione anteriore.

Infine sottolinea la parte ricorrente che la corte d’Appello ha escluso che si possa far valere la nullità del contratto quadro solo rispetto ad alcuni ordini ma ai sensi dell’articolo 99 c.p.c., non e’ precluso all’autonomia negoziale delle parti limitare la propria domanda. Se tale selezione non fosse legittima l’investitore perderebbe il diritto di far valere nullità protettive.

…La prima censura e’ fondata.

Preliminarmente deve rilevarsi che le copie dei contratti quadro sottoscritte dagli investitori prodotte in giudizio risultano datate 8/10/1998 e 9/11/1999. Essi risultano, pertanto, pienamente assoggettati, quanto agli obblighi di forma del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23.

La copia prodotta del contratto reca la dicitura “Prendiamo atto che in segno di vostra adesione e conferma una copia della presente integralmente trascritta ci viene da voi consegnata debitamente sottoscritta anche con la firma riprodotta a stampa o con timbro dai soggetti abilitati a rappresentarvi (pag. 14 sentenza impugnata), una copia del presente contrattoci viene rilasciata debitamente sottoscritta da soggetti abilitati a rappresentarvi”, seguita dalla sottoscrizione degli investitori.

La questione prospettata nella censura e’ stata affrontata in una recentissima pronuncia di questa Corte (Cass. n. 5919 del 2016) con orientamento pienamente condivisibile cosi’ illustrato:

“del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23, stabilisce che i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento debbano essere redatti per iscritto a pena di nullità, (Cass. S.U. 26724 del 2007) ma gia’ della L. 2 gennaio 1991, n. 1, articolo 6, lettera c, secondo quanto più volte ribadito da questa Corte, poneva il medesimo requisito di forma per la stipulazione del “contratto quadro” (Cass. 7 settembre 2001, n. 11495; Cass. 9 gennaio 2004, n. 111; Cass. 19 maggio 2005, n. 10598).

Tale previsione, dettata a fini protettivi dell’investitore (Cass. 22 marzo 2013, n. 7283), non e’ incompatibile con la formazione del contratto attraverso lo scambio di due documenti, entrambi del medesimo tenore, ciascuno sottoscritto dall’altro contraente. Non v’e’ ragione di discostarsi dall’insegnamento più volte ribadito, secondo cui il requisito della forma scritta ad substantiam e’ soddisfatto anche se le sottoscrizioni delle parti sono contenute in documenti distinti, purché risulti il collegamento inscindibile del secondo documento al primo, “si da evidenziare inequivocabilmente la formazione dell’accordo” (Cass. 13 febbraio 2007, n. 3088; Cass. 18 luglio 1997, n. 6629; Cass. 4 maggio 1995, n. 4856).

Ne consegue che vertendosi in tema di forma scritta sotto pena di nullità, in caso di formazione dell’accordo mediante lo scambio di distinte scritture inscindibilmente collegate, il requisito della forma scritta ad substantiam in tanto e’ soddisfatto, in quanto entrambe le scritture, e le corrispondenti dichiarazioni negoziali, l’una quale proposta e l’altra quale accettazione, siano formalizzate. E, insorta sul punto controversia, vale la regola generale secondo cui, con riguardo ai contratti per i quali la legge prescrive la forma scritta a pena di nullità, la loro esistenza richiede necessariamente la produzione in giudizio della relativa scrittura (Cass. 14 dicembre 2009, n. 26174).

La stipulazione del contratto non può viceversa essere desunta, per via indiretta, in mancanza della scrittura, da una dichiarazione quale quella nella specie sottoscritta dall’investitore: “Prendiamo atto che una copia del presente contratto ci viene rilasciata debitamente sottoscritta da soggetti abilitati a rappresentarvi”.

La verifica del requisito della forma scritta ad substantiam si sposta sul piano della prova, ove trova applicazione la disposizione dettata dal codice civile che consente di supplire alla mancanza dell’atto scritto nel solo caso previsto dall’articolo 2725 c.c., comma 2, che richiama l’articolo 2724 c.c., n. 3: in base al combinato disposto di tali norme, la prova per testimoni di un contratto per la cui stipulazione e’ richiesta la forma scritta ad substantiam, e’ consentita solamente nell’ipotesi in cui il contraente abbia perso senza sua colpa il documento che gli forniva la prova del contratto. E la preclusione della prova per testimoni opera parimenti per la prova per presunzioni ai sensi dell’articolo 2729 c.c., nonche’ per il giuramento ai sensi dell’articolo 2739 c.c.. Interdetta e’ altresì la confessione (Cass. 2 gennaio 1997, n. 2; Cass. 7 giugno 1985, n. 3435) quale, in definitiva, sarebbe la presa d’atto, da parte della Mariani, della consegna dell’omologo documento sottoscritto dalla banca.

D’altronde, la consolidata giurisprudenza di questa Corte esclude l’equiparazione alla “perdita”, di cui parla l’articolo 2724 c.c., della consegna del documento alla controparte contrattuale. Nell’ipotesi prevista dalla norma, difatti, il contraente che e’ in possesso del documento ne rimane privo per cause a lui non imputabili: il che e’ il contrario di quanto avviene nel caso della volontaria consegna dell’atto, tanto più in un caso come quello in discorso, in cui non e’ agevole comprendere cosa abbia mai potuto impedire alla banca, che ha predisposto la modulistica impiegata per l’operazione, di redigere il “contratto quadro” in doppio originale sottoscritto da entrambi i contraenti.

E stato al riguardo più volte ripetuto che, in tema di contratti per cui e’ prevista la forma scritta ad substantiam, nel caso in cui un contraente non sia in possesso del documento contrattuale per averlo consegnato all’altro contraente, non si può fornire la prova del contratto avvalendosi della prova testimoniale, poiche’ non si verte in un’ipotesi di perdita incolpevole del documento ai sensi dell’articolo 2724 c.c., n. 3, bensi’ di impossibilita’ di procurarsi la prova del contratto ai sensi del precedente n. 2 di tale articolo (Cass. 26 marzo 1994, n. 2951; Cass. 19 aprile 1996, n. 3722;Cass. 23 dicembre 2011, n. 28639, la quale ha precisato che l’esclusione della prova testimoniale opera anche al limitato fine della preliminare dimostrazione dell’esistenza del documento, necessaria per ottenere un ordine di esibizione da parte del giudice ai sensi dell’articolo 210 c.p.c.; per completezza occorre dire che c’e’ un precedente di segno diverso, Cass. 29 dicembre 1964, n. 2974, ma si tratta di un’affermazione assai remota, isolata e per di più concernente una fattispecie in parte diversa).

Resta allora da chiedersi se la validità del “contratto quadro” possa essere ricollegata alla produzione in giudizio da parte sua del medesimo documento ovvero a comportamenti concludenti posti in essere dalla stessa banca e documentati per iscritto.

La ricorrente ha più volte richiamato, in proposito, nel ricorso per cassazione, l’autorità di Cass. 22 marzo 2012, n. 4564 (massimata ad altro riguardo) nella quale si trova affermato, con riguardo ad una vicenda simile, pure involgente la stipulazione di un contratto bancario da redigersi per iscritto:

1) che la dicitura contenuta nel documento mancante della sottoscrizione proveniente dalla banca, secondo cui “un esemplare del presente contratto ci e’ stato da voi consegnato”, rendeva ragionevole affermare che l’esemplare consegnato recasse per l’appunto la sottoscrizione della banca;

2) che la costante giurisprudenza della Corte di cassazione, muovendo dalla premessa che nei contratti per cui e’ richiesta la forma scritta ad substantiam non e’ necessaria la simultaneità delle sottoscrizioni dei contraenti, ha più volte ribadito il principio secondo cui tanto la produzione in giudizio della scrittura da parte di chi non l’ha sottoscritta, quanto qualsiasi manifestazione di volontà del contraente che non abbia firmato, risultante da uno scritto diretto alla controparte, dalla quale emerga l’intento di avvalersi del contratto, realizzano un valido equivalente della sottoscrizione mancante;

3) che, nella specie considerata, anche in mancanza di una copia del contratto firmata dalla banca, l’intento di questa di avvalersi del contratto risultava comunque, oltre che dal deposito del documento in giudizio, dalle manifestazioni di volontà da questa esternate ai ricorrenti nel corso del rapporto, da cui si evidenziava la volontà di avvalersi del contratto (bastando a tal fine le comunicazioni degli estratti conto) con conseguenze perfezionamento dello stesso.

Ritiene pero’ la Corte che al precedente non possa darsi continuità.

E’ stato più volte ribadito che la mancata sottoscrizione di una scrittura privata può essere supplita dalla produzione in giudizio del documento stesso da parte del contraente non firmatario che se ne intende avvalere (Cass. 5 giugno 2014, n. 12711 ove si precisa che, per il perfezionamento dell’accordo e’ necessario non solo che la produzione in giudizio del contratto avvenga su iniziativa del contraente che non l’ha sottoscritto, ma anche che l’atto sia prodotto per invocare l’adempimento delle obbligazioni da esso scaturenti; Cass. 17 ottobre 2006, n. 22223;Cass. 5 giugno 2003, n. 8983; Cass. 1 luglio 2002, n. 9543; Cass. 11 marzo 2000, n. 2826;Cass. 19 febbraio 1999, n. 1414; Cass. 15 maggio 1998, n. 4905; Cass. 7 maggio 1997, n. 3970; Cass. 23 gennaio 1995, n. 738; Cass. 24 aprile 1994, n. 5868, ove si precisa che il principio non trova applicazione allorché il giudizio sia instaurato non nei confronti del sottoscrittore, bensi’ dei suoi eredi; Cass. 28 novembre 1992, n. 12781; Cass. 7 agosto 1992, n. 9374; Cass. 24 aprile 1990, n. 3440; Cass. 7 luglio 1988, n. 4471; Cass. 11 settembre 1986, n. 5552, che ammette il principio solo quando il contraente invochi in proprio favore il contratto ed intenda farne propri gli effetti, e non quando la produzione in giudizio del documento esprima essa stessa la volontà contraria ad alcuni suoi contenuti, come quando sia effettuata al fine di dimostrare con la mancata sottoscrizione del documento la non avvenuta conclusione del contratto contenutovi; Cass. 18 gennaio 1983, n. 469; Cass. 8 novembre 1982, n. 5869; Cass. 23 aprile 1981, n. 2415, ivi, 1981, 2415; Cass. 8 gennaio 1979, n. 78).

La produzione in giudizio da parte del contraente che non ha sottoscritto la scrittura realizza un equivalente della sottoscrizione, con conseguente perfezionamento del contratto, perfezionamento che non può verificarsi se non ex nunc, e non ex tunc, tant’è che il congegno non opera se l’altra parte abbia medio tempore revocato la proposta, ovvero se colui che aveva sottoscritto l’atto incompleto non e’ più in vita nel momento della produzione, perchè la morte determina di regola l’estinzione automatica della proposta (v. articolo 1329 c.c.) rendendola non più impegnativa per gli eredi (in senso diverso sembra rinvenirsi soltanto Cass. 29 aprile 1982, n. 2707, secondo cui la produzione in giudizio del documento sottoscritto da una sola parte non determina la costituzione del rapporto ex nunc, ma supplisce alla mancanza di sottoscrizione con effetti retroagenti al momento della stipulazione).

Ne consegue che nel caso di specie la produzione in giudizio del contratto da parte della banca, la cui sottoscrizione difetta, avrebbe determinato il perfezionamento del contratto solo dal momento della produzione, la quale, perciò, non può che rimanere senza effetti, per i fini della validità del successivo ordine di acquisto delle obbligazioni argentine, tale da richiedere a monte (e non ex post) un valido contratto quadro.

D’altro canto, far discendere la validità dell’ordine di acquisto dal perfezionamento soltanto successivo del “contratto quadro”, non e’ pensabile, stante il principio dell’inammissibilità della convalida del contratto nullo ex articolo 1423 c.c., il che esime dal soffermarsi sull’ulteriore questione se la produzione da parte della banca possa determinare il perfezionamento del contratto, sia pure ex nunc, in presenza di una domanda volta ad ottenere la dichiarazione di nullità dell’ordine di acquisto in mancanza di un valido “contratto quadro”, avuto riguardo al rilievo che tale domanda e’ di mero accertamento e, a differenza di quelle costitutive, quali quelle di annullamento o di risoluzione e non presuppone l’avvenuta conclusione del contratto.

Per tale ragione, dunque, il “contratto quadro” non può dirsi utilmente perfezionato (si’ da sorreggere il successivo ordine di acquisto) per effetto della sua produzione in giudizio da parte della banca.

Il problema dell’anteriorità del perfezionamento del “contratto quadro” non si porrebbe, invece, se potesse attribuirsi rilievo alla volontà della banca di avvalersi del contratto desumibile dalle contabili, attestati di seguito e dall’esecuzione del contratto medesimo.

Ma cosi’ non e’. In generale, nei contratti soggetti alla forma scritta ad substantiam, il criterio ermeneutico della valutazione del comportamento complessivo delle parti, anche posteriore alla stipulazione del contratto stesso, non può evidenziare una formazione del consenso al di fuori dello scritto medesimo (Cass. 7 giugno 2011, n. 12297).

E, fin da epoca remota, questa Corte ha affermato che il documento ha valore, per i fini del soddisfacimento del requisito formale, “in quanto sia estrinsecazione diretta della volontà contrattuale” (Cass. 7 giugno 1966, n. 1495). La forma scritta, quando e’ richiesta ad substantiam, e’ insomma elemento costitutivo del contratto, nel senso che il documento deve essere l’estrinsecazione formale e diretta della volontà delle parti di concludere un determinato contratto avente una data causa, un dato oggetto e determinate pattuizioni, sicché occorre che il documento sia stato creato al fine specifico di manifestare per iscritto la volontà delle parti diretta alla conclusione del contratto (Cass. 1 marzo 1967, n. 453; Cass. 22 maggio 1974, n. 1532; Cass. 7 maggio 1976, n. 1594; Cass. 9 marzo 1981, n. 1307; 30 marzo 1981, n. 1808; 18 febbraio 1985, n. 1374; Cass. 15 novembre 1986, n. 6738; Cass. 29 ottobre 1994, n. 8937; Cass. 15 dicembre 1997, n. 12673; Cass. 6 aprile 2009, n. 8234; Cass. 30 marzo 2012, n. 5158; da ultimo Cass. 12 novembre 2013, n. 25424, secondo cui non soddisfa l’esigenza di forma scritta ad substantiam l’attestazione di pagamento sottoscritta dall’accipiens e dal solvens).

Orbene, e’ di tutta evidenza che documentazione quale quella in questo caso depositata dalla banca, indipendentemente dalla verifica dello specifico contenuto e della sottoscrizione di dette scritture, non possiede i caratteri della “estrinsecazione diretta della volontà contrattuale”, tale da comportare il perfezionamento del contratto, trattandosi piuttosto di documentazione predisposta e consegnata in esecuzione degli obblighi derivanti dal contratto il cui perfezionamento si intende dimostrare e, cioè, da comportamenti attuativi di esso e, in definitiva, di comportamenti concludenti che, per definizione, non possono validamente dar luogo alla stipulazione di un contratto formale”.

Rimane da esaminare il rilievo sollevato in controricorso relativo all’abusività e conseguente illegittimità dell’eccezione di nullità “selettiva” del contratto quadro, in quanto rivolta esclusivamente a produrre effetti nei confronti di alcuni acquisti di prodotti finanziari. Al riguardo la Corte d’Appello ha ritenuto che la nullità per difetto di forma scritta non può che coinvolgere l’intero rapporto contrattuale “pena l’inammissibile esercizio strumentale ed abusivo del diritto”, pur riconoscendo che “anche questa conseguenza pratica (la nullità selettiva n.d.r.) rientrerebbe pur sempre nella disponibilità dell’investitore in esito ad una sua autonoma valutazione di convenienza complessiva nella deduzione della causa di nullità”.

Tale contraddizione secondo la Corte territoriale evidenzia ancora di più la non riconducibilità all’ipotesi generale di nullità del contratto per difetto di forma scritta ad substantiam.

L’assunto non può essere condiviso dal momento che, nella specie, il requisito della forma scritta ad substantiam per il contratto quadro non determina una modificazione della qualificazione giuridica della nullità che consegue all’inosservanza dell’obbligo di forma. Anche tale nullità e’ rilevabile esclusivamente dall’investitore ed configurabile come nullità di protezione. L’applicazione del regime giuridico rigoroso della forma scritta ad substantiam, derivante dall’esame testuale dell’articolo 23 T.U.F. nell’interpretazione conforme di questa Corte (S.U. n. 26724 del 2007) non ne modifica ne’ la natura ne’ la funzione ne’ le modalità di rilievo. L’eccezione può, di conseguenza, essere prospettata dalla parte, coerentemente con l’interesse sostanziale dedotto in giudizio.

Al riguardo deve rilevarsi che l’investitore ex articolo 99 e 100 c.p.c., può selezionare il rilievo della nullità e rivolgerlo agli acquisti (o più correttamente i contratti attuativi del contratto quadro) di prodotti finanziari dai quali si e’ ritenuto illegittimamente pregiudicato, essendo gli altri estranei al giudizio. La rilevabilita’ d’ufficio, peraltro non incondizionata, delle nullità di protezione, affermata di recente dalle S.U. nella sentenza n. 26242 del 2014, si limita a configurare la possibilita’ di estendere l’accertamento giudiziale anche a cause di nullità protettive non dedotte dalle parti senza tuttavia consentirne il rilievo anche ad atti diversi da quelli verso i quali la censura e’ rivolta.

L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento dei rimanenti”.

  • Tribunale Milano, 5 luglio 2016, n. 8339 – G.U. dott.ssa Monte;

  • Tribunale Milano, 21 luglio 2016, n. 9132 – G.U. dott.ssa Monte.

Da www.dirittobancario.it: Nei contratti relativi alla prestazione di un servizio d’investimento, la forma scritta integra un requisito essenziale. Tale requisito non è integrato laddove la Banca si limiti a raccogliere la sottoscrizione del cliente, e non sottoscriva e trasmetta al cliente la propria accettazione.

Dichiarata la nullità derivata degli acquisti di titoli compiuti sulla base di un contratto quadro invalido, va respinta la domanda della Banca convenuta di restituzione di cedole già percepite dall’attrice, in quanto tali cedole valgono ad assorbire i danni che l’attrice lamenta come conseguenza dell’investimento effettuato in base ad acquisti nulli. Sussiste, dunque, una causa legittima di ritenzione delle cedole.

Le decisioni del Tribunale di Milano si pongono in linea con l’orientamento della Corte di Cassazione (espresso nelle pronunce n. 7068/2016 e n. 8395/2016) il quale, in contrasto con l’indirizzo precedente, viene appunto ad affermare la nullità del contratto quadro sottoscritto dal cliente dal quale non si desuma l’accettazione scritta dell’incarico da parte della Banca. E ciò in ragione dell’argomento secondo cui la natura protettiva della nullità ex art. 23 TUF non configura uno schema di conclusione del contratto diverso rispetto a quello di cui all’art. 1326 c.c.

Nel caso deciso con la sentenza 9132/2016, è stato ritenuto non integrare il requisito della sottoscrizione il timbro con la firma del «titolare della dipendenza» apposto dall’addetto sulla «copia per la Banca», dalla cui apposizione si può desumere, piuttosto, la sola attestazione la ricezione della copia del contratto da parte della Banca stessa; e non già l’espressione di una volontà negoziale dell’Istituto (tale assunto, precisa il Tribunale, «è avvalorato dal fatto che nella prima pagina del modulo è scritto che il cliente prende atto “che un esemplare del presente contratto mi/ci viene rilasciato debitamente sottoscritto dai soggetti abilitati a rappresentarvi»; sicché «la volontà negoziale della Banca era espressa in un altro documento contrattuale»).

In punto di disciplina delle azioni restitutorie, entrambe le decisioni hanno affermato che il cliente, obbligato alla restituzione dei titoli di cui agli acquisti invalidi, può tuttavia, trattenere le cedole percepite, a titolo di risarcimento del danno.

Nel caso deciso con la sentenza 8339/2016, i titoli acquistati sulla base del contratto nullo erano peraltro già stati venduti. Stante la buona fede del cliente, l’obbligo di restituzione dei titoli è perciò mutato nell’obbligo di corrispondere alla Banca la somma ricavata dalla vendita dei titoli.

  • Corte d’Appello di Bologna, 14 marzo 2016, n. 434

Da www.dirittobancario.it: La Corte ha ribadito, quale aspetto centrale, l’importanza della forma scritta del contratto quadro in sede di negoziazione di titoli (nello specifico obbligazioni Parmalat), in cui mancava la sottoscrizione della banca.

I giudici hanno affermato che l’assenza di sottoscrizione iniziale non è sanabile in alcun modo, nemmeno attraverso l’apposizione di firme su altri documenti di diverso significato, seppur in ipotesi accessori e prodromici al contratto in questione. Allo stesso modo, l’esecuzione del contratto quadro e successivi ordini non è idonea a sanare la nullità originaria, non potendosi procedere ad una qualsivoglia forma di accettazione tacita, o per facta concludentia, e/o ratifica e/o convalida di contrattiab origne nulli.

Parimenti, la produzione in giudizio della copia del contratto da parte della banca non è sufficiente a sanare o integrare il contratto affetto da mancata sottoscrizione.

Per effetto della originaria nullità del contratto quadro, tutti gli ordini successivi di acquisto sono pertanto da ritenersi invalidi.

La sentenza è conforme alla recente pronuncia dalla Corte di Cassazione (Cass., Prima Sez. Civ., n. 5919 del 24 marzo 2016),con cui i giudici di legittimità hanno affermato – rivendendo il proprio precedente orientamento espresso nella sentenza n. 4564/2012 – che quando la forma scritta sia prevista ad substantiam, essa è elemento costitutivo del contratto, poiché il documento sottoscritto deve essere l’estrinsecazione formale e diretta della volontà di concludere quel determinato contratto, avente una causa specifica, uno specifico oggetto e determinate pattuizioni.

I documenti prodotti in giudizio dalla banca non sono stati idonei a dimostrare l’inequivocabile volontà di concludere quel determinato contratto, trattandosi di documentazione predisposta e consegnata in esecuzione degli obblighi derivanti dal contratto il cui perfezionamento si sarebbe voluto dimostrare, realizzando in tal modo meri “comportamenti concludenti”, che per definizione non sono idonei a concludere validamente un contratto formale.

  • Tribunale Bologna, ord. 11.08.2016, Est. Martino

Anche per i rapporti di conto corrente va verificata la nullità del contratto privo di sottoscrizione da parte della Banca, accertamento effettuabile anche d’ufficio.

  • Tribunale Avezzano 03 ottobre 2016 – Est. Lupia

La sottoscrizione da parte dell’istituto di credito del contratto di conto corrente determina la nullità del contratto che si sana ex nunc con la sua produzione da parte della banca in sede giudiziale,a condizione che il cliente non abbia precedentemente manifestato la volontà di revocare il consenso prestato. Il perfezionamento ex nunc, tuttavia, non vale a sanare la precedente attività esecutiva del contratto e, pertanto, l’azione di adempimento fondata sui saldi negativi pregressi è infondata (Massima da Il Caso)

Estratto testuale: “L’opposizione proposta dalla **** SRL è fondata e va dunque accolta. Fondata è in particolare l’eccezione di nullità per violazione dell’art.117 TUB, in difetto di sottoscrizione della controparte BANCA ** SPA del contratto di conto corrente (doc.1 fascicolo opposta fase monitoria). Ed invero quanto alla questione se la validitá del contratto privo della firma della banca possa essere ricollegata alla produzione in giudizio da parte di quest’ultima del medesimo documento ovvero a comportamenti concludenti posti in essere dalla stessa banca e documentati per iscritto (es. produzione in giudizio di contabili, ordini di esecuzione, estratti conto ecc.) da cui si evidenzierebbe la volontá di quest’ultima di avvalersi del contratto, la Corte Suprema,con recente e condivisibile pronunzia (Cassazione Civile, sez. I, sentenza 24/03/2016 n° 5919,poi confermata da Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8395 del 27/04/2016) richiamando consolidato orientamento di legittimità, sostiene ora che l’eventuale produzione in giudizio del contratto sottoscritto dall’altra parte non può che avere effetti contrattuali perfezionativi ex nunc e non ex tunc, (tant’è che il congegno non opera se l’altra parte abbia medio tempore revocato la proposta, ovvero se colui che aveva sottoscritto l’atto IL CASO.it incompleto non è più in vita nel momento della produzione, perché la morte determina di regola l’estinzione automatica della proposta (art. 1329 c.c.)). Ebbene nel caso di specie il contratto in questione è stato prodotto dall’opposta già in fase monitoria. Pertanto tale condotta processuale, unita alla notifica del decreto ingiuntivo emesso sulla scorta di tale documentazione, ben integra quel comportamento (produzione del contratto in giudizio) cui la giurisprudenza subordina il perfezionamento dello stesso. Né invero risultano atti in ragione dei quali si possa desumere che, in data anteriore a tale condotta, la correntista-proponente abbia manifestato una volontà di revocare la proposta cristallizzata nell’atto prodotto dall’opposta. Ed invero una simile volontà è inferibile solo dalla proposizione dell’opposizione e , dunque, in epoca posteriore al perfezionamento del contratto. Ne discende come quest’ultimo debba stimarsi perfezionato ex nunc dalla data del deposito del ricorso monitorio da parte dell’opposta. Occorre tuttavia interrogarsi su quali siano le conseguenze della riconduzione degli effetti contrattuali perfezionativi ex nunc e non ex tunc in un rapporto di durata qual è il conto corrente bancario. Ebbene non vi è dubbio che qualunque attività esecutiva di tale negozio posta in essere in epoca successiva a tale momento (deposito del ricorso) debba stimarsi cum causa e dunque ben legittimi un’azione di adempimento al pagamento del saldo negativo che si sia formato da tale data. Diversamente deve dirsi per le operazioni eseguite in epoca anteriore. Esse, invero, non possono essere considerate come esecutive di un rapporto contrattuale ancora inesistente e, dunque, non sono idonee a fondare un’azione di adempimento che assume quale titolo proprio tale rapporto. Ebbene poiché l’azione promossa dall’opposta riguarda proprio il saldo negativo frutto di attività pregresse al deposito del ricorso, essa non può che stimarsi infondata. Parimenti fondata deve dirsi l’opposizione promossa *** e ***. Ed invero dalla lettura dei contratti dagli stessi siglati (doc.2 fascicolo opposta) pare evidente come essi abbiano natura di contratti autonomi di garanzia, recando una clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” vale (articolo 7). Da tale qualificazione discende l’estensione della garanzia anche a clausole invalide, di tal che il garante non può opporre al creditore la nullità di un patto relativo al rapporto fondamentale, salvo che dipenda da contrarietà a norme imperative o dall’illiceità della causa (c.d. exceptio doli generalis Cass. Civ. 3.3.09 n. 5044). Ebbene non vi è dubbio che l’art.117 TUB abbia carattere di norma imperativa. Ne discende la fondatezza di tale opposizione sulla scorta delle stesse ragioni illustrate con riguardo a quella proposta dalla *** SRL”.

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