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Tribunale di Benevento, sent. del 30.12.2015. Est. Antonietta Genovese

Fatto E Diritto

La _______ esponeva di avere contratto un mutuo con la Banca Popolare di __ dell’importo di € 981.268,11 in data 29.8.01.

Ritenendo usurario il tasso applicato dalla banca, la conveniva in giudizio per sentirla condannare alla restituzione degli importi illegittimamente percepiti.

instauratosi il contraddittorio, la Banca contestava la domanda.

Si procedeva all’istruttoria. Venivano disposti accertamenti tecnici.

All’esito, la causa veniva riservata in decisione.

La questione oggetto del presente giudizio è molto dibattuta.

In proposito vi sono due filoni principali: l’uno che riserva sempre all’interesse moratorio una valutazione autonoma di usurarietà (senza quindi considerarlo parte del costo complessivo del credito), l’altro che ritiene che la base di calcolo del moratorio è costituita da una quota di capitale e di interessi.

Parte della giurisprudenza sottopone il singolo tasso a un giudizio autonomo di usurarietà; nondimeno, l’interesse moratorio, se reputato rilevante ai fini dell’accertamento del superamento del limite legale, va incluso nel conteggio del tasso effettivo globale medio, che a sua volta rappresenta la base di calcolo del tasso soglia. Tale base di calcolo, alla stregua della legge n. 108 del 1996 deve essere costituita dalla media delle voci di costo applicate a valle dagli intermediari nei loro rapporti con i clienti, che costituiscono l’oggetto del giudizio di usurarietà.

La nuova formulazione dell’art. 644 c.p. e l’art. 2 della menzionata I. 7 marzo 1996, n. 108 sono espliciti: il primo dispone che <<per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese […] collegate alla erogazione del credito», con ciò riferendosi al costo complessivo in concreto gravante sul cliente.

Il secondo prevede che «il Ministro del tesoro […] rileva trimestralmente il tasso effettivo globale medio›› a sua volta comprensivo «di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari››.

Anche sulla base di tali previsioni si fa rientrare l’interesse moratorio nell’ambito del giudizio di usurarietà, per la sua natura di costo del finanziamento. Quanto alle modalità di computo dell’interesse moratorio entro tale base di calcolo, l’orientamento prevalente raffronta al limite legale soltanto il tasso moratorio, cosi dando vita al giudizio di usurarietà autonomo, un altro orientamento aggiunge al tasso corrispettivo quello moratorio per poi raffrontare il risultato cosi ottenuto con la soglia, in virtù del fatto che l’interesse moratorio viene spesso calcolato su di una rata comprensiva anche di parte degli interessi corrispettivi.

Secondo altri, ai fini della determinazione del tasso effettivo globale medio andrebbe preso in considerazione il tasso moratorio nella sua interezza e non anche la sola maggiorazione percentuale dei corrispettivi prevista in ipotesi di ritardo nell’adempimento (naturale conseguenza della inclusione dell’interesse moratorio tra le voci di costo rilevanti ai fini della determinazione del tasso effettivo globale medio, dato che, una volta intervenuto l’inadempimento, il cliente è tenuto a pagare in aggiunta ai corrispettivo anche il risarcimento per il ritardo nella restituzione del capitale e nella dazione dello stesso corrispettivo.

Circa il momento di valutazione, vi sono diverse opzioni, di cui una attribuisce rilevanza all’interesse moratorio ai fini della valutazione dell’usurarietà del prestito già al momento della conclusione del contratto (sulla base della legge di interpretazione autentica dell’art. 644 c.c., la quale afferma che «ai fini dell’applicazione›› della citata previsione «e dell’articolo 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento››) ed un’altra che parte dalla considerazione che la prestazione diventa esigibile esclusivamente a seguito dell’inadempimento (mancata restituzione della rata di finanziamento), e giunge alla conclusione che la valutazione dell’usurarietà vada effettuata al tempo dell’inadempimento.

In proposito, va evidenziato che, con riferimento al perfezionamento della fattispecie penale non rileva che la prestazione patrimoniale imposta sia oppure o no eventuale.

La legge penale, per il tramite del rinvio al tasso soglia, fissa un limite al costo del credito e sanziona la condotta di chi quel limite supera, indipendentemente dal fatto che il suo superamento possa in concreto essere soltanto eventuale. In tale ipotesi, infatti “Resta l’intenzione di trarre dall’operazione economica un profitto che, seppure eventuale, è allo stesso modo reputato eccessivo dall’ordinamento”.

Dunque, l’interesse moratorio, al pari di tutte le altre voci di costo, viene in considerazione ai fini della valutazione dell’usurarietà del prestito già al momento della conclusione del contratto.

Nella specie, il c.t.u. nominato ha accertato l’effettivo superamento del tasso soglia al momento della conclusione del contratto, pur in presenza della clausola di salvaguardia. Secondo il c.t.u., “qualora il tasso di mora venisse adeguato, secondo il limite massimo imposto dalla L. 108/96, il contratto risulterebbe comunque in usura a causa delle altre condizioni economiche previste, che sono incluse nel calcolo TAEG/ ISC.

Infatti, non essendo indicato in contratto il tasso annuo effettivo, e/o l’indicatore sintetico di costo, l’unico tasso contrattualmente determinato risulta essere il TAN.

Pertanto, il tasso associato a tale clausola è il TAN, che non considera le spese contrattualmente pattuite, che di fatto sono ricomprese nel calcolo Taeg/Isc. In particolare, il differenziale tra Teg e Tan , sommati al tasso di mora, comporterebbe sempre e comunque un valore del tasso complessivo applicato al contratto, oltre la soglia consentita dalla legge.

In conclusione, in relazione al tasso di mora, il c.t.u. ha riscontrato l’effettivo superamento del tasso soglia alla data di sottoscrizione del mutuo.

Secondo la resistente, l’illiceità sarebbe esclusa dalla presenza in contratto della cd.” clausola di salvaguardia”, per la quale, in previsione di un ipotetico sfondamento del tasso soglia, il tasso di interesse dovrà essere sempre e comunque considerato pari al massimo consentito dalla legge.

Tuttavia, la presenza di una clausola di salvaguardia all’interno del contratto di mutuo non impedisce che il meccanismo di calcolo degli interessi possa comportare, anche solo in astratto, il superamento del tasso soglia.

Infatti detta clausola prevede la limitazione del solo tasso di mora al tasso soglia, diversamente da altre, più ampie, che portano al tasso soglia l’intera previsione degli oneri contrattuali, garantendo la liceità dell’intero negozio; la clausola presente nel contratto in esame va solo a ridurre uno dei tassi semplici indicati in contratto (quello di mora) nei limiti della legalità; ma, come si è detto, la verifica dell’usura, secondo la legge n. 108/96, va condotta determinando il tasso effettivo globale annuo concretamente pattuito nella previsione complessiva degli oneri posti a carico del debitore.

Gli interessi, commissioni, remunerazioni e spese (ad eccezione di imposte e tasse) a qualunque titolo pattuiti devono essere considerati come un dato unico da raffrontare al tasso soglia ed è evidente che va esaminata, ai fini della ricorrenza dell’usura oggettiva originaria, la ricerca ipotetica della peggiore delle ipotesi possibili, ovvero quella economicamente più svantaggiosa per il cliente.

Tale assunto è peraltro coerente con la tendenza interpretativa tesa a comprendere nel calcolo del TEG qualsiasi onere effettivamente sostenuto dal cliente, quale costo economico dell’operazione, e ciò, ovviamente, prescindendo anche dalle circolari della Banca d’Italia – organo di composizione societaria bancaria, prive di portata normativa.

In conclusione, l’art. 1815 c.c., prevede l’integrazione della fattispecie del reato di cui all’art. 644 c.p. e rappresenta la sanzione civile connessa all’accertamento del reato usura creditizia che la legge impone, dunque, di valutare globalmente; trattasi di reato di pericolo, la cui valutazione va anticipata rispetto al momento della concreta ed effettiva lesione del bene giuridico tutelato.

L’art. 1815 c.c. si fonda sull’accertamento di un fatto di reato da valutarsi nella sua globalità, senza poter eseguire una ripartizione delle singole voci di costo connesse alla messa a disposizione del credito.

Premesso quindi che, come si è detto, l’accertamento dell’usurarietà del tasso di interesse attiene al momento genetico del contratto, e che devono intendersi come usurari gli interessi che superino il limite previsto dalla legge al momento della loro pattuizione, a prescindere dal superamento del tasso soglia al momento della loro corresponsione, l’introduzione di un meccanismo volto a limitare ex ante una determinazione degli interessi in contrasto con i limiti previsti dall’ordinamento non inibisce in radice il verificarsi del fenomeno usurario.

Appare infatti condivisibile l’interpretazione del c.t.u., il quale ritiene che la clausola fa riferimento al Tan e non al Taeg e che comunque, il differenziale tra Taeg e Tan, sommati al tasso di mora adeguato ex art. 108/96, come prevede la clausola di salvaguardia, comporterebbe sempre e comunque un valore del tasso complessivo applicato al contratto oltre la soglia consentita dalla legge.

Sommando al tasso di mora adeguato tutti gli altri oneri e spese contrattualizzati ricompresi nel Taeg /lsc, si determina un superamento del tasso soglia trimestrale pari al 1,050%.

La banca dunque ha comunque contrattualizzato somme in dispregio della normativa antiusura, per cui il suo comportamento va sanzionato con la non debenza degli interessi, indipendentemente dal fatto che gli interessi di mora non siano stati poi di fatto pagati.

Ne consegue l’accoglimento della domanda e la condanna della Banca al pagamento della somma di € 353.700,65, oltre interessi dalla domanda al soddisfo Le spese seguono la soccombenza.

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