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Tribunale di Chieti, ordinanza del 24 ottobre 2019, Est. Enrico Colagreco

A seguito del provvedimento di sospensione ex. L. n. 44 del 1999, il G.E. deve emettere unicamente un atto ricognitivo della sospensione già verificatasi senza sindacare  la sussistenza dei presupposti per il rilascio della provvidenza sospensiva

Di seguito lo stralcio decisivo:

La modifica normativa con il reinserimento dell’aggettivo “favorevole” riferito, questa volta al provvedimento del Procuratore della Repubblica, letto alla luce delle vicende che hanno investito la precedente normativa, come sopra riassunte, pare comportare che la sospensione operi automaticamente e quindi “ope legis”, per effetto del provvedimento del Procuratore e che in definitiva il G.E. debba emettere unicamente un atto ricognitivo della sospensione già verificatasi, una volta che l’ordinanza gli sia stata trasmessa dalla Procura medesima.

A mente della giurisprudenza della Corte di Cassazione “ il provvedimento del P.M. che dispone la “sospensione dei termini” di una procedura esecutiva a carico di un soggetto che abbia chiesto l’elargizione di cui alla l. n. 44 del 1999, deve essere trasmesso al giudice dell’esecuzione, il quale non può sindacare né la ritenuta sussistenza dei presupposti per il rilascio della provvidenza sospensiva, né l’idoneità della procedura esecutiva ad incidere sull’efficacia dell’elargizione richiesta dall’esecutato; spetta, invece, al giudice dell’esecuzione il controllo della riconducibilità del provvedimento all’art. 20, comma 7, della l. n. 44 del 1999, l’accertamento che esso riguardi uno o più processi esecutivi pendenti dinanzi al suo ufficio e la verifica che, nel processo esecutivo in corso, o da iniziare, decorra un termine in ordine al quale lo stesso possa dispiegare i suoi effetti” (Cass. Sez. U – , Sentenza n. 21854 del 20/09/2017).

 

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