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Cass. civ. Sez. I, 09-07-2014, n. 15609 (rv. 631843)

La segnalazione di una posizione “in sofferenza” presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia, secondo le istruzioni del predetto istituto e le direttive del CICR, richiede una valutazione, da parte dell’intermediario, riferibile alla complessiva situazione finanziaria del cliente, e non può quindi scaturire dal mero ritardo nel pagamento del debito o dal volontario inadempimento, ma deve essere determinata dal riscontro di una situazione patrimoniale deficitaria, caratterizzata da una grave e non transitoria difficoltà economica equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione d’insolvenza.

Anche agli enti collettivi spetta il risarcimento del danno non patrimoniale conseguente all’illegittima segnalazione del loro nominativo alla centrale dei rischi, ritiene che in quest’ottica possano essere valorizzati tanto il pregiudizio alla reputazione della società e la conseguente situazione di difficoltà aziendale, quanto il danno da stress riferibile alla disfunzione amministrativa e gestionale connessa alla ricerca di fonti di finanziamento alternative.

In ipotesi di illegittima segnalazione del debitore alla centrale rischi, possono essere risarciti sia il danno non patrimoniale alla persona, anche giuridica, con riguardo ai valori della reputazione e dell’onore (essendo anche i soggetti collettivi titolari dei diritti della personalità a tutela costituzionale ex art. 2 Cost.), sia il danno al patrimonio, che può essere oggetto della prova presuntiva, quale conseguenza per l’imprenditore di un peggioramento della sua affidabilità commerciale, essenziale anche per l’ottenimento e la conservazione dei finanziamenti, con lesione del diritto ad operare sul mercato secondo le regole della libera concorrenza (cfr., per tali principi, le decisioni Cass. 30 agosto 2007, n. 18316; 4 giugno 2007, n. 12929; 18 aprile 2007, n. 9233; 28 giugno 2006, n. 14977; 3 aprile 2001, n. 4881; 23 marzo 1996, n. 2576; v. pure Cass. 18 settembre 2009, n. 20120, in tema di assicurazione contro i danni). In particolare, anche nei confronti dell’ente collettivo è configurabile la risarcibilità del danno non patrimoniale, intesa come qualsiasi conseguenza pregiudizievole di un illecito che, non prestandosi ad una valutazione monetaria basata su criteri di mercato, non possa essere oggetto di risarcimento ma di riparazione: allorquando, cioè, il fatto lesivo incida su di una situazione giuridica dell’ente che sia equivalente ai diritti fondamentali della persona umana garantiti dalla costituzione (Cass. 1 ottobre 2013, n. 22396; 12 dicembre 2008, n. 29185; 4 giugno 2007, n. 12929). Entrambi tali danni, inoltre, possono essere liquidati in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c. (cfr. Cass. 2 settembre 2008, n. 22061.)

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