Pubblicato il: 03/05/2024

Pensare a un fatto doloroso, per quanto naturale, come la morte non è certo piacevole: è però inevitabile farci i conti.

Soprattutto se pensiamo agli anni passati lavorando e accumulando faticosamente contributi per potere, un giorno, godersi la meritata pensione. Morire prima di arrivare al pensionamento potrebbe quindi avere anche il sapore della beffa.

Ma è veramente tutto perduto, se si muore prima di aver maturato tutti i requisiti per la pensione?

Cerchiamo di dare una risposta.

Sappiamo tutti che di regola sono due i presupposti per andare in pensione:

  1. un requisito anagrafico (età)
  2. un requisito contributivo (anni di contributi versati).

Ma che succede, appunto, se la morte arriva mentre ancora una persona sta maturando i requisiti?

Niente paura, quanto meno se la vostra preoccupazione è tutelare chi resta, ossia i vostri cari.

Infatti rimangono due possibilità, tra loro alternative:

  1. la pensione può essere pagata ad alcuni stretti congiunti – tra cui, in primis, coniuge e figli – ma solo in presenza di determinati requisiti;
  2. ai superstiti può essere pagata una quota della pensione che viene corrisposta una tantum, cioè in unica soluzione.

Esaminiamo nel dettaglio i due casi.

La c.d. “pensione indiretta”: cos'è?

Parliamo di pensione indiretta quando, appunto, una persona muore prima di maturare i requisiti per la pensione ed essa viene pagata ai suoi familiari più stretti.

Attenzione, però: deve trattarsi di pensione non ancora liquidata. Se, infatti, la pensione è stata liquidata, i familiari (coniuge, figli o genitori, fratelli e sorelle) avranno diritto alla c.d. pensione di reversibilità.

Qui invece ci occupiamo del diverso caso in cui la pensione non è stata ancora liquidata, a causa della morte prematura del lavoratore.

In tal caso, quando spetta ai parenti la pensione indiretta?

Dipende da quanti contributi sono stati versati.

Più specificamente, la pensione indiretta viene attribuita:

  • se sono stati versati almeno 15 anni di contributi, o
  • se sono stati versati almeno 5 anni di contributi, almeno 3 dei quali devono essere stati maturati nei cinque anni precedenti la morte.

Ma quali sono, precisamente, gli stretti congiunti che – in presenza dei requisiti contributivi appena visti – potrebbero aver diritto alla pensione indiretta?

Eccoli:

  • coniuge, anche se separato o divorziato (purché in questo caso beneficiario di assegno divorzile, non risposato con altra persona e a condizione che l’inizio del rapporto assicurativo del defunto sia precedente alla sentenza di divorzio);
  • figli minorenni o, se maggiorenni, inabili al lavoro o studenti, che siano anche a carico del defunto, di età inferiore a 21 anni (o a 26 anni se si tratta di studenti universitari);
  • se il defunto non lascia né coniuge né figli, oppure se coniuge e figli non hanno diritto alla pensione indiretta, questa può essere pagata ai genitori del defunto. Abbiamo detto “può”, perché devono verificarsi alcune condizioni: i genitori devono aver compiuto 65 anni, non devono essere titolari di altre pensioni, dirette o indirette, e inoltre devono essere a carico del defunto;
  • in mancanza di coniuge, figli o genitori che possano avervi diritto, la pensione indiretta può essere corrisposta a fratelli e sorelle. Anche qui però sono previsti dei requisiti alquanto stringenti: fratelli e sorelle non devono essere sposati, devono essere inabili al lavoro, non godere di altra pensione diretta o indiretta e, infine, devono essere a carico del lavoratore defunto.

Come si fa a stabilire quale quota di pensione spetta ai familiari superstiti? Le regole sono le stesse della pensione di reversibilità.

In particolare, le quote sono le seguenti, con riferimenti ai diversi casi che si possono in concreto presentare:

  • coniuge da solo: 60%;
  • coniuge e un figlio: 80%;
  • coniuge e due o più figli: 100%.
  • un figlio: 70%;
  • due figli: 80%;
  • tre o più figli: 100%;
  • un genitore: 15%;
  • due genitori: 30%;
  • un fratello o sorella: 15%;
  • due fratelli o sorelle: 30%;
  • tre fratelli o sorelle: 45%;
  • quattro fratelli o sorelle: 60%;
  • cinque fratelli o sorelle: 75%;
  • sei fratelli o sorelle: 90%;
  • sette o più fratelli o sorelle: 100%.

Si potrebbero verificare, poi, ulteriori decurtazioni se chi ha diritto alla pensione indiretta percepisce altri redditi, che superano di 3 volte il trattamento minimo (il limite 2024 è 23.345,73 euro).

Se viene oltrepassato tale limite, si applica una riduzione percentuale che è diversa a seconda di quante volte si supera il trattamento minimo.

Però non ci saranno decurtazioni se l’avente diritto alla pensione indiretta ha nella propria famiglia figli minorenni, inabili o studenti.

Quando viene pagata, invece, l’indennità una tantum di morte?

Se non ci sono i presupposti contributivi per la pensione indiretta, ai familiari stretti può andare una somma una tantum.

Più precisamente, potranno verificarsi due casi:

  1. indennità di morte, cui ha diritto il coniuge dell’assicurato defunto in presenza di almeno un contributo settimanale versato entro il 31 dicembre 1995. In mancanza del coniuge, l’indennità spetterà ai figli purché minori, inabili o studenti. Quanto spetta, in questo caso? L’indennità ammonterà a 45 volte l’importo dei contributi IVS (Invalidità Vecchiaia Superstiti) versati in favore dell’assicurato;
  2. indennità una tantum ai superstiti: vi avranno diritto gli stessi congiunti che avrebbero avuto diritto alla pensione indiretta, se il defunto è un lavoratore che rientra interamente nel sistema contributivo (vale a dire con contributi settimanali versati solo dopo il 1996). Quanto spetta? L’ammontare dell’indennità in questo caso corrisponde all'assegno sociale (attualmente 534,41 euro), in vigore alla data di decesso del lavoratore, moltiplicato per gli anni di contributi versati.

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