Pubblicato il: 23/10/2025
Dopo anni di rinvii e di battaglie sindacali, pare che il Governo abbia finalmente trovato una soluzione ad uno dei maggiori problemi del pubblico impiego, ossia il ritardo nel pagamento del TFS/TFR. Grazie a una nuova linea di credito attivata da Cassa Depositi e Prestiti, l’INPS potrà anticipare fino a 50 mila euro delle somme dovute entro tre mesi dal pensionamento. Tale novità diventerà operativa dal 2027, ma segna una svolta importante, visto che, ad oggi, molti ex dipendenti attendono anche cinque anni prima di ricevere la liquidazione.
Una spinta importante è arrivata anche dalla Corte Costituzionale che, con la sentenza 130/2023, ha statuito che “il differimento della corresponsione dei trattamenti di fine servizio (TFS) spettanti ai dipendenti pubblici cessati dall’impiego per raggiunti limiti di età o di servizio contrasta con il principio costituzionale della giusta retribuzione, di cui tali prestazioni costituiscono una componente; principio che si sostanzia non solo nella congruità dell’ammontare corrisposto, ma anche nella tempestività della erogazione”, atteso che “si tratta di un emolumento volto a sopperire alle peculiari esigenze del lavoratore in una particolare e più vulnerabile stagione della esistenza umana”.
Con questa riforma, dovrebbe essere finalmente superato anche il sistema dei prestiti bancari per ottenere un anticipo del TFS, finora legato a un tasso d’interesse parametrato al Rendistato + 0,40 punti. In pratica, non sarà più necessario indebitarsi per ricevere soldi già propri.
Un altro tassello importante della manovra riguarda la detassazione dei rinnovi contrattuali per i lavoratori pubblici.
L’aliquota agevolata al 5% sarà applicata agli aumenti previsti dai contratti sottoscritti nel 2025 e nel 2026, come già accade nel settore privato. Rientrano nel beneficio, ad esempio, i contratti delle Funzioni Centrali e della Sanità.
Tuttavia, la norma fissa un limite, per cui lo sgravio si applica solo ai redditi fino a 28 mila euro lordi l’anno. Ne deriva che, a trarne vantaggio, saranno soprattutto operatori e assistenti ministeriali, il personale ATA e molti dipendenti degli Enti locali.
L’agevolazione sarà operativa da gennaio 2026, ma non avrà effetto retroattivo, quindi gli aumenti già percepiti nel 2025 non godranno dello sconto fiscale.
Buone notizie anche sul fronte del salario accessorio. I premi di produttività e le indennità legate alla performance individuale o collettiva saranno soggetti a una tassazione ridotta all’1% e non più alle aliquote IRPEF, oggi comprese tra il 23% e il 43%. La misura, in linea con quanto già previsto per il settore privato, conferma l’obiettivo dell’esecutivo di uniformare il trattamento fiscale tra lavoratori pubblici e privati.
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