Pubblicato il: 16/10/2025
Con la sentenza n. 94 del 4 aprile 2025, il Consiglio Nazionale Forense (CNF) ha ribadito il principio secondo cui l'avvocato, pur essendo libero di accettare o meno un incarico professionale, ha l’obbligo deontologico di rifiutarlo qualora, sulla base degli elementi a sua conoscenza, ritenga che la propria attività sia destinata a realizzare un’operazione illecita.
Integra, pertanto, una violazione estremamente grave dei principi deontologici generali, nonché degli specifici obblighi imposti dagli articoli 23 e 50 del Codice deontologico forense (CDF), il comportamento dell’avvocato che non solo ometta di astenersi, ma giunga addirittura a suggerire al cliente la predisposizione di documenti falsi o l’adozione di condotte, atti o negozi nulli, illeciti o fraudolenti, con l’obiettivo di occultare gli illeciti e sottrarsi alla dichiarazione di fallimento.
Nella fattispecie esaminata, il Consiglio Nazionale Forense ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della radiazione, applicando il principio sopra enunciato. La sanzione massima risulta pienamente coerente sia con la particolare gravità delle condotte accertate in sede procedimentale, sia con il quadro edittale previsto per le violazioni degli articoli 23, commi 5 e 6, e 50, commi 1, 2 e 3, del Codice deontologico.
In particolare:
- l’art. 23, commi 5 e 6, CDF impone all’avvocato il dovere di rifiutare l’incarico se finalizzato a operazioni illecite, e gli vieta espressamente di suggerire comportamenti illeciti o fraudolenti. Tali violazioni sono sanzionate con la sospensione da 1 a 3 anni, con la possibilità di aggravamento fino alla radiazione nei casi più gravi;
- l’art. 50, commi 1, 2 e 3, CDF vieta l’introduzione o l’utilizzo di prove o documenti falsi, nonché l’omissione di azioni dovute una volta appreso della loro falsità. Anche tali condotte prevedono sanzioni da 1 a 3 anni di sospensione, aggravabili fino alla radiazione, come accaduto nel caso di specie.
Le modifiche rafforzano i principi di correttezza, indipendenza e tutela delle parti vulnerabili (come i minori ma, più in generale, tutti i clienti privati degli avvocati), estendendo le regole deontologiche anche ai procedimenti di mediazione e negoziazione assistita, ormai centrali nella gestione delle controversie.
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