Pubblicato il: 22/04/2024

Quando arriva una multa, si sa, è sempre spiacevole, e puntualmente ci ritroviamo a chiederci se è possibile fare ricorso. In questi giorni è arrivata una nuova sentenza della Corte di Cassazione, la n. 10505/2024, relativa ad un caso di multa per eccesso di velocità rilevata da autovelox.
In particolare, i giudici della Suprema Corte si sono ritrovati ad affrontare una questione nuova, relativa al caso di autovelox approvato ma non omologato. La pronuncia, con cui è stato rigettato un ricorso proposto dal Comune di Treviso, è di particolare interesse, quindi ti consigliamo di proseguire nella lettura.

Nella vicenda in esame, un automobilista era stato multato in quanto viaggiava a 97 km orari e aveva, quindi, superato il limite di velocità su una strada tangenziale in cui il limite prescritto era di 90 km orari. L'accertamento era stato eseguito a mezzo apparecchiatura RED & SPEED-EVO-L2 (matr. 179) installata in postazione fissa, di proprietà dell’amministrazione comunale di Treviso.
L'apparecchio che aveva effettuato la "fotografia", però, era approvato ma non omologato, e pertanto il verbale era stato annullato in primo grado, con sentenza poi confermata in sede di appello dal Tribunale di Treviso, sul presupposto, appunto, che non vi fosse equipollenza tra omologazione dello strumento e mera approvazione.
Tale ragionamento non è stato condiviso dal Comune di Treviso, che ha proposto ricorso innanzi alla Suprema Corte, ritenendo valido l'accertamento della violazione di cui all'art. 142 del Codice della strada sul superamento dei limiti di velocità, sul presupposto che tale accertamento era stato eseguito con un apparecchio non omologato ma assoggettato a regolare approvazione, sostenendo che tale distinzione non trovasse fondamento nel coacervo normativo.

Ebbene, la Cassazione ha ritenuto condivisibile quanto affermato dal Tribunale, in particolare ritenendo corretto il ragionamento contenuto nella sentenza impugnata dal Comune, laddove si fa una distinzione tra i due procedimenti di approvazione e omologazione del prototipo, sostenendo che gli stessi hanno caratteristiche, natura e finalità diverse.
In particolare, il Tribunale ha affermato che, mentre l’omologazione ministeriale autorizza la riproduzione in serie di un apparecchio testato in laboratorio, con attribuzione della competenza al Ministero per lo sviluppo economico, l’approvazione consiste in un procedimento che non richiede la comparazione del prototipo con caratteristiche ritenute fondamentali o con particolari prescrizioni previste dal regolamento.

Quindi, l’omologazione consiste in una procedura che, pur essendo amministrativa, come l’approvazione, ha però anche natura necessariamente tecnica, proprio al fine di garantire la perfetta funzionalità e la precisione dello strumento elettronico che viene utilizzato.
I giudici di legittimità, richiamando precedente sentenza della Corte, la n. 3335/2024, evidenziano che anche recentemente è stato precisato che, in caso di contestazioni sull'affidabilità dell'apparecchio di misurazione della velocità, il giudice è tenuto ad accertare se le verifiche siano state o meno effettuate, puntualizzandosi che detta prova non può essere fornita con mezzi diversi dalle certificazioni di omologazione e conformità; né la prova dell'esecuzione delle verifiche sulla funzionalità e sulla stessa affidabilità dello strumento di rilevazione elettronica è ricavabile dal verbale di accertamento.

La Suprema Corte, nella propria pronuncia, ha inoltre evidenziato che non possono avere un’influenza sul piano interpretativo, a fronte della chiarezza della normativa primaria, le circolari ministeriali evocate dal Comune, e che avallerebbero una possibile equipollenza tra omologazione ed approvazione.
Difatti, come specificato dai giudici di Roma, l’art. 45, comma 6, del Codice della strada non opera alcuna equiparazione tra approvazione e omologazione, distinguendo nettamente i due termini, che sono da ritenersi, perciò, differenti sul piano formale e sostanziale. Infatti la norma intende riferirsi a tutti i “mezzi tecnici atti all’accertamento e al rilevamento automatico delle violazioni”, taluni dei quali sono destinati ad essere necessariamente omologati.
Tra questi vi sono, per l’appunto, i dispositivi demandati specificamente al controllo della velocità, stante l’inequivocabile precetto dell'art. 142, comma 6 del Codice della strada, laddove l’utilizzo dell’espressione “debitamente omologati” impone necessariamente la preventiva sottoposizione del mezzo di rilevamento elettronico a tale procedura.
Solo se questa viene compiuta, infatti, è idonea a costituire “fonte di prova” per il riscontro del superamento dei prescritti limiti di velocità. Vi sono poi altri strumenti per i quali, in effetti, la semplice approvazione è sufficiente, ma non è il caso degli autovelox, come evidenziato anche dalla Corte. Difatti, quando si tratta di accertamento della velocità mediante autovelox, questo è legittimo soltanto se il dispositivo è stato omologato, non bastando la sola procedura dell'approvazione.

Alla luce di ciò, la Cassazione, che ha sottolineato la novità della questione, ha respinto il ricorso, confermando la sentenza impugnata e quindi l'annullamento del verbale.


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