Pubblicato il: 30/10/2025

Quando un condominio riceve fatture di elevato importo per la fornitura di gas e sospetta un malfunzionamento del contatore, sorge un dubbio fondamentale: chi deve dimostrare che i consumi sono corretti? Ebbene, a risolvere la questione c'è una sentenza della Corte di Appello di Roma, la n. 5587 di questo mese, la quale offre indicazioni precise sia sui principi da seguire, sia su come ripartire l'onere della prova tra condominio e fornitore.
Per comprendere appieno la portata della decisione, facciamo un passo indietro e ricapitoliamo i punti chiave della vicenda. Tutto nasce dall'opposizione a un decreto ingiuntivo di cui si era avvalso un fornitore di gas, attivatosi in via giudiziaria per tutelare il suo credito e incassare il pagamento di ben 175.970,21 euro, da parte di un condominio.
Il giudice capitolino di primo grado aveva accolto l'opposizione del condominio e revocato il decreto. La decisione maturò a seguito della valutazione di una serie di significativi elementi, richiamati dalla sentenza d'appello, tra cui l'avvenuta prescrizione di alcune fatture e la mancata dimostrazione dell'effettivo credito vantato dalla società fornitrice, in base a consumi non meramente stimati. Inoltre, per la magistratura, c'erano irregolarità nella quantificazione degli interessi sulle somme dovute e mancava l'allegato economico sul prezzo del gas. Perciò il condominio non poteva verificare se il totale richiesto corrispondesse effettivamente ai consumi fatturati.
Non palesandosi come generiche doglianze senza alcun riscontro oggettivo, le contestazioni del condominio, in merito al guasto, erano state valutate fondate dal tribunale di primo grado. Ma a questo esito si oppose il fornitore con appello. In secondo grado, la società contestava la valutazione delle prove effettuata dal primo giudice e affermava che i consumi fatturati godessero della presunzione di veridicità. Ebbene, in questa sede, il condominio si è potuto giovare di una decisione dello stesso esito della precedente, perché il giudice si focalizzò sull'aspetto dell'onere della prova del credito, riferito ai consumi energetici.

In particolare, chi contesta il credito deve evidenziare perché ritiene che il fornitore non abbia diritto al pagamento e – in presenza di contestazioni specifiche e documentate in merito al malfunzionamento del contatore – grava sulla società fornitrice l'onere di dimostrare che i dati sono, invece, corretti e rispecchiano il consumo reale. Come affermato in passato dalla Cassazione nella sentenza 297/2020, la rilevazione dei consumi tramite contatore è assistita dalla summenzionata presunzione semplice di veridicità. Questo significa che i consumi registrati dal contatore sono considerati corretti, finché non viene provato il contrario. La presunzione è semplice e può essere superata se ci sono contestazioni precise e con riscontro oggettivo, da parte del condominio.
Nel caso che qui interessa, il condominio aveva più volte domandato la verifica dello strumento di rilevazione dei consumi, affermandone un guasto. Ebbene, proprio questo elemento spostava sulla società fornitrice l'onere di provare sia il buon funzionamento dell'apparecchio, sia la corrispondenza tra i dati registrati da quest'ultimo e quelli riportati nella fattura del gas. Il passaggio è interessante e illuminante per tutti gli utenti: in sostanza, nella sentenza 5587/2025, la Corte d'Appello di Roma ha chiarito che i guasti dei contatori sono spesso nascosti e di natura tecnica e, perciò, non appurabili dal condominio senza apposita preparazione. Ecco perché basta una dettagliata contestazione da parte del condominio, per determinare l'insorgenza dell'onere probatorio in capo al fornitore, che dovrà dimostrare che l'importo in fattura è effettivamente dovuto.
La decisione della Corte d'Appello è stata preceduta dal rifiuto di disporre consulenze tecniche d'ufficio o altri mezzi di prova in appello, come avrebbe invece voluto il fornitore. La C.T.U., spiega la magistratura, non può infatti sostituire la prova a carico della parte e, in secondo grado, non si possono introdurre nuovi mezzi di prova, salvo casi eccezionali in cui la parte dimostri di non aver potuto proporli per cause a sé non imputabili (art. 345 del c.p.c.). In altre parole, la società avrebbe dovuto presentare il materiale probatorio utile in primo grado e non era possibile sanarne la mancanza successivamente.
Ricapitolando, in assenza di una documentazione idonea a dimostrare il corretto funzionamento del contatore e – quindi – la debenza delle somme indicate in fattura, il giudice d'appello ha concluso allo stesso modo del tribunale, ossia per la revoca del decreto ingiuntivo.

In conclusione, la sentenza n. 5587 della Corte d'Appello di Roma è significativa perché chiarisce come comportarsi nelle controversie tra condominio e fornitore di gas. Da un lato, il condominio deve documentare la situazione e inviare precise richieste scritte di controllo, in ipotesi di possibile malfunzionamento o guasto dello strumento di rilevazione, mentre – dall'altro – il fornitore, per giustificare il suo diritto di credito, dovrà sempre fornire evidenze del corretto funzionamento e della corrispondenza dei consumi.


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