Pubblicato il: 17/10/2025
La vicenda
La decisione della S.C. trae origine nell’ambito di un giudizio di opposizione a precetto ex art. 615 del c.p.c., promosso da due soci illimitatamente responsabili di una società in nome collettivo, destinatari – insieme alla predetta società – di un provvedimento monitorio che essi non avevano opposto.
L’opposizione a d.i., infatti, era stata proposta solo dalla società, non da detti soci; nelle more del procedimento ex art. 645 del c.p.c., il creditore aveva notificato ai soci atto di precetto, sulla base del decreto ingiuntivo ormai divenuto titolo esecutivo nei loro confronti, poiché non opposto nel termine di 40 giorni.
Sostanzialmente, i soci – attori nel giudizio ex art. 615 c.p.c. – lamentavano:
- carenza di legittimazione passiva, stante la loro mera qualità di soci della s.n.c. intimata e il carattere sussidiario della responsabilità loro ascrivibile ex artt. 2291 e 2304 c.c.;
- inefficacia dell'atto di precetto opposto per carenza di presupposti per l'azione esecutiva, in ragione della natura sussidiaria della loro responsabilità e dell'omessa preventiva escussione del patrimonio sociale ex art. 2304 c.c.;
- nullità del precetto per mancata apposizione della formula esecutiva;
- intervenuta prescrizione dell'avversa pretesa creditoria;
- infondatezza della stessa, così insistendo per la declaratoria di inesistenza del diritto di controparte ad agire in via esecutiva sulla scorta del predetto titolo giudiziale, con vittoria di spese e competenze di lite e condanna ex art. 96 del c.p.c..
Costituitosi in giudizio il creditore opposto, il Tribunale di Castrovillari, con sentenza, dichiarava la nullità ed inefficacia dell'atto di precetto opposto, ritenendo il creditore privo del diritto ad agire in executivis nei confronti degli opponenti, non avendo allegato e dimostrato di aver preventivamente escusso la società, in ossequio a quanto disposto dall'art. 2304 c.c.; dichiarava inammissibile, per il resto, la proposta opposizione, avendo gli opponenti mosso rilievi che esulavano dal thema decidendum e proponibili solo in sede di opposizione a decreto ingiuntivo; rigettava le domande di condanna per lite temeraria avanzate da ambo le parti; condannava parte opposta a rifondere – in favore degli opponenti – la metà degli onorari di lite del giudizio.
Il creditore, allora, proponeva appello avverso la decisione di primo grado.
Nel giudizio di impugnazione si costituivano i due soci illimitatamente responsabili, eccependo l'inammissibilità dell'appello ex artt. 342 e 348 c.p.c., nonché la sua infondatezza.
All’esito, la Corte territoriale, respinta l'eccezione di inammissibilità dell'appello, rigettava nel merito l'impugnazione, condannando la società alla rifusione delle spese processuali.
Il creditore ricorreva in Cassazione. Nel giudizio di legittimità si costituivano i soci intimati.
Esaminiamo, ora, la sentenza della Suprema Corte.
In primis, gli Ermellini riassumono le motivazioni della decisione di appello, che confermava quella di primo grado in base ai seguenti motivi:
- i soci illimitatamente responsabili non perdono la possibilità di eccepire la violazione della regola che impone la preventiva escussione del patrimonio sociale per il solo fatto di non aver proposto opposizione di merito al decreto ingiuntivo, in quanto il beneficium excussionis opera sul piano esecutivo e resta, perciò, deducibile con il rimedio di cui all'art. 615 c.p.c.;
- tuttavia, poiché – nel caso di specie – la società, in qualità di debitrice principale, aveva proposto opposizione a decreto ingiuntivo, non è esclusa la possibilità che il provvedimento monitorio possa essere revocato nei suoi confronti;
- il creditore sociale, pertanto, avrebbe dovuto attendere la conclusione del giudizio instaurato ex art. 645 c.p.c. anche per agire nei confronti dei soci.
Dunque, secondo i giudici di secondo grado, correttamente l’opposizione a precetto era stata accolta, sia perché il creditore sociale non aveva previamente escusso il patrimonio della s.n.c., sia perché era ancora pendente il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo promosso dalla società debitrice.
Da parte sua, il creditore formulava in Cassazione un unico motivo di ricorso, censurando la sentenza impugnata ex art. 360, comma 1, n. 3) e comma 4, c.p.c. per violazione di norme di diritto, in particolare della disciplina relativa al beneficio di preventiva escussione di cui all'art. 2304 c.c.
Secondo parte creditrice il decreto ingiuntivo, azionato con la notifica del precetto – poi opposto ex art. 615 c.p.c. – costituisce titolo esecutivo avente forza di giudicato nei confronti dei due soci illimitatamente responsabili, per mancata opposizione, da parte di questi, nei termini di legge.
Ad avviso del ricorrente, il credito portato dal decreto ingiuntivo e vantato nei confronti dei vari condebitori (società e soci illimitatamente responsabili) nasce da obbligazione il cui debito è stato solo inizialmente contratto dalla società.
In quest'ottica, la circostanza che il decreto ingiuntivo non sia stato opposto dai soci (illimitatamente responsabili) lo rende esecutivo nei loro confronti con forza di cosa giudicata: pertanto il credito non è più sociale, ma proprio o personale dei soci e la responsabilità per il relativo pagamento in capo a questi ultimi non è indiretta e sussidiaria, bensì altrettanto propria e personale e, pertanto, diretta.
Peraltro, richiamando Cass. n. 15877/2019, parte ricorrente sostiene che i soci non erano più tenuti in quanto soci e – dunque – tutelati dal beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale, forma di tutela prevista dalla legge solo per la fase esecutiva: viceversa, essi erano tenuti al pagamento in quanto debitori in solido, per effetto dell'acquisto di forza di cosa giudicata del decreto ingiuntivo loro notificato e non opposto.
Dopo due gradi di giudizio, i giudici di legittimità hanno rovesciato le decisioni di merito e ritenuto fondato il ricorso.
Le motivazioni della Suprema Corte
In primo luogo, la Corte esclude che la pendenza del giudizio in cui si è formato un titolo esecutivo contro la società possa, anche solo temporaneamente, privare di efficacia esecutiva il titolo, anch'esso giudiziale, definitivo formatosi contro i soci.
Infatti l'azione esecutiva contro il socio non è paralizzata dalla pendenza dell'opposizione proposta dalla società debitrice principale: nessun dato normativo consente di escludere tale eventualità, poiché il monitorio, divenuto irrevocabile nei confronti del socio, è titolo giudiziale definitivamente e incondizionatamente esecutivo.
Rispetto all’applicabilità, nel caso in esame, del beneficio della preventiva escussione, il Collegio rileva che il provvedimento monitorio era stato emesso nei confronti della s.n.c. nonché, "in solido" e incondizionatamente, dei soci illimitatamente responsabili.
Rifacendosi al proprio consolidato orientamento (Cass. n. 15376/2016; n. 15877/2019 e n. 36942/2022), la Corte ribadisce il principio per cui è precluso al socio, destinatario di un comando in un titolo giudiziale formatosi contro la società e divenuto definitivo nei soli suoi confronti, non solo contestare l'esistenza e la misura del credito, ma anche avvalersi di ogni eventuale successivo giudicato favorevole formatosi nei confronti della società.
Ciò premesso, è pur vero che, in linea generale, l'art. 2304 c.c. – nell'affermare che "i creditori sociali, anche se la società è in liquidazione, non possono pretendere il pagamento dai singoli soci, se non dopo l'escussione del patrimonio sociale" – sancisce il principio di preventiva escussione del patrimonio sociale, prevedendo che i creditori che vogliano soddisfare le proprie pretese nei confronti di una società in nome collettivo o in accomandita semplice abbiano l'onere di rivalersi, primariamente o preventivamente, sul patrimonio della stessa e, solo secondariamente o successivamente, accertata l'incapienza di quest'ultimo, aggredire il patrimonio personale dei soci.
Inoltre, l'eventuale violazione dell'art. 2304 c.c. deve essere dedotta con l'opposizione all'esecuzione, quando vi sia evidenza del fatto che l'azione esecutiva sia stata esercitata nei confronti dei soci senza avere previamente acquisito prova della infruttuosità del patrimonio sociale (Cass. n. 8911/1992 e successive).
Tuttavia, evidenzia la S.C., nel caso di specie il pagamento è stato ingiunto, in un titolo giudiziale definitivo nei confronti degli intimati, in via solidale a società e soci illimitatamente responsabili.
Ora, la ratio del beneficio della preventiva escussione risiede nell’esigenza di tutelare il socio proprio in virtù della sussidiarietà della sua responsabilità, ma quando il titolo azionato sia formato nei confronti della società di persone; mentre la natura solidale dell'obbligazione dei soci, costituita dalla lettera del monitorio azionato, esclude in radice la sussidiarietà della stessa.
Dunque i soci, essendo obbligati in via solidale, per evitare che la società creditrice portasse il titolo in esecuzione nei loro confronti avrebbero dovuto proporre opposizione al decreto ingiuntivo.
Non essendo ciò avvenuto, del tutto legittimamente – conclude la Cassazione – la società creditrice ha notificato atto di precetto direttamente ai soci, per un credito che – in forza del peculiare tenore del titolo esecutivo giudiziale definitivo in concreto azionato – è ormai non più solo un credito sociale (soltanto riguardo all'azionamento del quale essi avrebbero conservato il beneficium excussionis, in tal caso legittimamente opponibile in sede meramente esecutiva), bensì un credito personale, proprio e diretto, delle persone fisiche in quanto tali, tanto che a queste è stato intimato il pagamento della somma ingiunta.
Il principio di diritto
Alla luce delle motivazioni sopra riassunte, la Corte di legittimità ha annullato con rinvio la sentenza impugnata, enunciando il seguente principio di diritto:
"In caso di decreto che ingiunga il pagamento di una somma di denaro ad una società in nome collettivo ed ai suoi soci illimitatamente responsabili, in via tra loro solidale, ma diretta e incondizionata, non opera il beneficio della preventiva escussione a favore dei soci intimati in base al monitorio divenuto definitivo nei loro confronti, essendo la fonte dell'obbligazione dei soci non il rapporto sociale, ma il titolo giudiziale definitivo come concretamente formatosi. Ne consegue che, per effetto della mancata opposizione, la posizione debitoria dei soci rimane indipendente da quella della società e insensibile pure ad un eventuale accoglimento dell'opposizione di quest'ultima".
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