Tribunale di Lanciano, ordinanza del 7 gennaio 2025, Est. Nappi
Nota di commento
Onere della prova della banca in merito al corretto esercizio dello ius variandi; condizioni e requisiti
L’art.118 T.U.B. dispone che:
- Nei contratti a tempo indeterminato può essere convenuta, con clausola approvata specificamente dal cliente, la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste dal contratto qualora sussista un giustificato motivo. Negli altri contratti di durata la facoltà di modifica unilaterale può essere convenuta esclusivamente per le clausole non aventi ad oggetto i tassi di interesse, sempre che sussista un giustificato motivo.
- Qualunque modifica unilaterale delle condizioni contrattuali deve essere comunicata espressamente al cliente secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula: “Proposta di modifica unilaterale del contratto” con preavviso minimo di due mesi, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente. Nei rapporti al portatore la comunicazione è effettuata secondo le modalità stabilite dal CICR. La modifica si intende approvata ove il cliente non receda, senza spese, dal contratto entro la data prevista per la sua applicazione. In tal caso, in sede di liquidazione del rapporto, il cliente ha diritto all’applicazione delle condizioni precedentemente praticate.
2-bis. Se il cliente non è un consumatore né una micro-impresa come definita dall’articolo 1, comma 1, lettera t), del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11, nei contratti di durata diversi da quelli a tempo indeterminato di cui al comma 1 del presente articolo possono essere inserite clausole, espressamente approvate dal cliente, che prevedano la possibilità di modificare i tassi di interesse al verificarsi di specifici eventi e condizioni, predeterminati nel contratto.
- Le variazioni contrattuali per le quali non siano state osservate le prescrizioni del presente articolo sono inefficaci, se sfavorevoli per il cliente.
In sintesi, le condizioni che consentono alla banca di addivenire ad una variazione dei tassi applicati in senso sfavorevole per il cliente sono:
- precedente pattuizione fra la banca e il cliente con apposita clausola approvata specificamente da quest’ultimo;
- la comunicazione al cliente, con un preavviso di almeno due mesi, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente, con evidenziazione della formula: “Proposta di modifica unilaterale del contratto”;
- il ricorrere di un giustificato motivo, specifico e non generico, e la sua comunicazione al cliente.
Da tutto ciò ne discende la necessità di preventiva comunicazione e di adeguatezza informativa dello ius variandi, ai sensi all’art. 118 TUB, come integrato dalla Circolare del Ministero dello Sviluppo Economico n. 5574 del 21 febbraio 2007[1], affinché la comunicazione della modifica unilaterale abbia contenuto tale da consentire al cliente di poter valutare la congruità della modifica rispetto alla ragione posta a giustificazione della stessa (in termini cfr. decisione dell’ABF, Collegio di Coordinamento, decisione n. 1889 del 26 febbraio 2016[2].
Sotto altro profilo, va rimarcato che “Le proposte di modifica unilaterale del contratto bancario, di cui all’art. 118 TUB costituiscono atti recettizi. Perciò, di fronte a una contestazione del cliente, che neghi di avere ricevuto la comunicazione, è onere della banca provare di avere correttamente assolto il relativo dovere di comunicazione. In difetto, le modifiche non possono essere opposte al cliente e le somme addebitate devono essere ripetute” (ABF Roma 10 novembre 2010); “Nel caso in cui la banca alleghi di avere esercitato la facoltà di cui all’art. 118 TUB, essa deve fornire la prova non solo dell’invio, ma anche dell’avvenuta recezione della proposta modificativa che viene così affermata” (ABF Milano 01 ottobre 2010); “Nel caso in cui la banca alleghi di avere esercitato la facoltà di cui all’art. 118 TUB, essa deve fornire la prova non solo dell’invio, ma anche dell’avvenuta recezione della proposta modificativa che viene così affermata” (ABF Roma 30 settembre 2010).
La conseguenza dell’omissione informativa contestata è quella tipizzata dal richiamato comma 3°, art. 118 TUB: “Le variazioni contrattuali per le quali non siano state osservate le prescrizioni del presente articolo sono inefficaci, se sfavorevoli per il cliente”.
Orbene, il Tribunale lancianese, dopo aver ribadito principi pacifici in ordine all’onere della prova della banca attrice sostanziale[3], condivide le sopra esposte motivazioni con l’ordinanza in commento della quale si riporta di seguito lo stralcio principale:
“b) ritenuto, quanto allo ius variandi in peius della banca:
– che è sempre onere della banca la prova del corretto esercizio dello ius variandi in peius ai sensi dell’art. 118 d.lgs. 385/1993; a tal fine la banca:
a decorrere dal 4 luglio 2006, deve produrre documento contenente la “proposta di modifica unilaterale del contratto” e la allegazione specifica di fatti costituenti “giustificato motivo” (ABF Roma, 13 gennaio 2014), inviato al cliente;
prima del 4 luglio 2006, deve produrre documento contenente “chiara evidenziazione delle variazioni intervenute”; anche in tal caso inviato al cliente, in quanto l’espressa imposizione, da parte dell’art. 11 della delibera CICR 4 marzo 2003, di una comunicazione individuale al cliente della variazione in peius, “alla prima occasione utile”, rende comunque insufficiente la mera inserzione in Gazzetta Ufficiale;
– che la indicazione del giustificato motivo è conforme alle prescrizioni normative se è idonea a consentire al cliente di valutare la congruità della modifica rispetto alla ragione posta a giustificazione della stessa (ABF Roma 3981/2012 e 253/2013); in tal senso:
è indicazione inidonea il richiamo generico agli “effetti prodotti dalla attuale crisi economica e finanziaria” (ABF Milano, 2419/2011);
è indicazione idonea il richiamo a eventi che afferiscono alla sfera del cliente, quali il mutamento del grado di affidabilità dello stesso in termini di rischio di credito (giustificato motivo soggettivo); e a specifiche variazioni di condizioni economiche generali che comportino un aumento di costi operativi dell’intermediario, a esempio tassi di interesse, inflazione ecc. (giustificato motivo oggettivo);
– che ai fini della normativa predetta deve essere considerata variazione in peius l’applicazione stabile (per più di un trimestre) di condizioni peggiorative rispetto a quelle precedentemente pattuite o regolarmente variate;
- c) ritenutane la necessità istruttoria, dispone c.t.u. che risponda al seguente
QUESITO” [omissis, si rinvia all’ordinanza, ndr]
[1] Pubblicato su https://www.mimit.gov.it/images/stories/documenti/circolare_5574_del_21_febbraio_2007.pdf
[2] “La banca resistente ha l’onere di allegare in termini specifici il fatto costitutivo del giustificato motivo di esercizio del ius variandi e di provare la avvenuta comunicazione al ricorrente del relativo atto di esercizio” (ABF Roma 13 gennaio 2014); “Il richiamo a «gli effetti prodotti dall’attuale crisi economica e finanziaria» non è idonea, per la sua sinteticità e genericità, a integrare il giustificato motivo richiesto dalla norma dell’art. 118 TUB” (ABF Milano 09 novembre 2011); “Non costituisce giustificato motivo ai sensi dell’art. 118 TUB la indicazione dell’«andamento del rapporto creditizio», formulata dalla banca nell’atto di comunicazione delle nuove condizioni economiche del rapporto. Tale formula, presumibilmente troppo generica in sé stessa, non può comunque valere quando nel rapporto concreto nulla di nuovo sia intervenuto” (Tribunale Rimini, 22 agosto 2011); “Non costituiscono giustificato motivo le affermazioni dell’«esigenza di offrire alla clientela una struttura di prezzo semplificata» e del «mutato contesto di mercato». La prima risulta fuorviante rispetto alla fattispecie concreta (: «l’azzeramento delle “spese istruttoria/rinnovo fidi commissione” e il contestuale incremento della “commissione di affidamento”» comportando, in realtà, un «significativo incremento degli introiti» per l’intermediario). La seconda risulta del tutto inidonea a consentire il compimento della valutazione di congruità” (ABF Milano 26 gennaio 2011).
[2] “La banca resistente ha l’onere di allegare in termini specifici il fatto costitutivo del giustificato motivo di esercizio del ius variandi e di provare la avvenuta comunicazione al ricorrente del relativo atto di esercizio” (ABF Roma 13 gennaio 2014) ; “Il richiamo a «gli effetti prodotti dall’attuale crisi economica e finanziaria» non è idonea, per la sua sinteticità e genericità, a integrare il giustificato motivo richiesto dalla norma dell’art. 118 TUB” (ABF Milano 09 novembre 2011); “Non costituisce giustificato motivo ai sensi dell’art. 118 TUB la indicazione dell’«andamento del rapporto creditizio», formulata dalla banca nell’atto di comunicazione delle nuove condizioni economiche del rapporto. Tale formula, presumibilmente troppo generica in sé stessa, non può comunque valere quando nel rapporto concreto nulla di nuovo sia intervenuto” (Tribunale Rimini, 22 agosto 2011); “Non costituiscono giustificato motivo le affermazioni dell’«esigenza di offrire alla clientela una struttura di prezzo semplificata» e del «mutato contesto di mercato». La prima risulta fuorviante rispetto alla fattispecie concreta (: «l’azzeramento delle “spese istruttoria/rinnovo fidi commissione” e il contestuale incremento della “commissione di affidamento”» comportando, in realtà, un «significativo incremento degli introiti» per l’intermediario). La seconda risulta del tutto inidonea a consentire il compimento della valutazione di congruità” (ABF Milano 26 gennaio 2011).
[3] Così testualmente: “a) ritenuto che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo la banca opposta convenuta è attrice in senso sostanziale e, pertanto, è a suo carico la prova, secondo lo standard del giudizio a cognizione piena, di tutti i fatti costitutivi del credito per il quale ha agito in monitorio; conseguentemente, incombe su di essa la produzione del titolo genetico del credito, ossia il contratto intercorso con il cliente, e di tutte le scritture contabili di riferimento, in particolare gli estratti conto, anche scalari, relativi all’intera durata del rapporto (C. 23974/2010; C. 18541/2013), in quanto solo attraverso l’esame integrale e continuativo delle singole movimentazioni e del loro titolo può pervenirsi all’accertamento dell’importo dell’eventuale saldo debitore finale; e ciò vale anche per gli altri contratti regolati in conto corrente, collegati o comunque intercorsi tra le stesse parti o i loro danti causa, le cui risultanze siano confluite in annotazioni a debito del cliente sul conto corrente il cui saldo debitore finale è oggetto di domanda di pagamento (restando peraltro salva la necessità di domanda del cliente estesa a tali altri contratti: per la declaratoria di nullità delle clausole dei contratti collegati e per la conseguente ripetizione delle somme pagate in adempimento delle stesse; per le risultanze annotate a credito del cliente sul conto corrente il cui saldo debitore finale è oggetto di domanda di pagamento)”.