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Tribunale di Lanciano, ordinanza del 28 settembre 2018, Pres. Cordisco, Rel. Sacco

 Massime Avv. Dario Nardone 

Il contratto di mutuo, generalmente ascritto, ai sensi di quanto disposto dall’art. 1813 c.c., alla categoria dei c.d. contratti reali, si perfeziona per effetto della consegna della cosa che ne è oggetto; nel caso di denaro, la consegna non va intesa nei soli termini di materiale e fisica “traditio” del denaro stesso, essendo sufficiente, a tal fine, il conseguimento della sua disponibilità giuridica da parte del mutuatario, ricavabile, nel caso di specie, dall’erogazione della somma a mezzo di assegni circolari e dalla conseguente dichiarazione di quietanza rilasciata dai mutuatari e prodotta agli atti del giudizio (off. in tal senso Cass. Civ., sentenze 27 agosto 2015, n.17194; 21 febbraio 2001 n. 2483; 21 dicembre 1990 n. 12123).

Ai fini dell’attitudine ad avere efficacia di titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c., come precisato dalla giurisprudenza di legittimità, occorre verificare, attraverso l’interpretazione del contratto integrata con quanto previsto nell’atto di erogazione e quietanza o di quietanza a saldo ove esistente, se esso contenga pattuizioni volte a trasmettere con immediatezza la disponibilità giuridica della somma mutuata e se entrambi gli atti, di mutuo e di erogazione, rispettino i requisiti di forma imposti dalla legge (cfr. in termini Cass. Civ., sentenza 27 agosto 2015, n. 17194).

In tale verifica, occorre precisare che non è in questione l’effettiva erogazione della somma mutuata, pacificamente riconosciuta dalle parti, dovendosi, invece, valutare se il contratto di mutuo tra le stesse concluso nelle forme dell’atto pubblico notarile possa esplicare la valenza di titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474, comma 2 n. 3, c.p.c. in ordine all’obbligazione restitutoria della somma di denaro mutuata; deve ritenersi necessario a tal fine che il contratto abbia un contenuto descrittivo idoneo a documentare, in modo autosufficiente, senza il ricorso ad elementi estranei al testo dell’atto e non muniti di forma omologa, l’avvenuta erogazione della somma data a mutuo.

Orbene, non può essere annoverato nella categoria dei titoli esecutivi di cui all’art. 474 co. 1 n. 2 c.p.c., sicché non può ritenersi di per sé idoneo a sorreggere l’esecuzione forzata con conseguente necessaria declaratoria di sospensione della procedura esecutiva, il contratto di mutuo pur se stipulato per atto pubblico notarile nel quale la somma mutuata, sebbene successivamente quietanzata in forma eterologa rispetto all’atto notarile, venga trattenuta già con lo stesso contratto presso la stessa banca la quale si riserva l’erogazione all’esito della verifica positiva dell’adempimento di tutte le condizioni poste a carico della medesima parte finanziata, sicché la somma mutata non è immediatamente ed attualmente disponibile per il mutuatario.

In siffatto caso, infatti, l’impegno per la mutuante all’erogazione, nel termine indicato in contratto, della somma, è stato subordinato alla mancata emersione di circostanze di fatto o vizi nei documenti tali che, ove conosciuti in precedenza, avrebbero impedito la stipulazione dell’atto, con possibilità per l’istituto bancario, sia in tal caso che in quello dell’inadempimento degli obblighi ricadenti sui mutuatari, di far valere la risoluzione del contratto.

Deve dunque ritenersi come un siffatto atto notarile, avuto riguardo sia alla presenza del termine ivi indicato per l’erogazione della somma che di specifiche condizioni cui la stessa è subordinata, non dà in se stesso evidenza dell’avvenuta dazione del denaro, posticipata, per effetto del termine, ad epoca successiva alla conclusione dell’atto pubblico e, comunque, condizionata all’avveramento di adempimenti a carico dei mutuatari e condizioni, il cui verificarsi è da considerare incerto: non vi è, in altri termini, né la consegna materiale del denaro né il conseguimento della sua disponibilità giuridica da parte dei mutuatari, posto che la somma mutuata rimane nella disponibilità della parte mutuante che ne ha riservato l’erogazione, verificato l’avveramento delle condizioni pattuito, senza metterla a disposizione della parte mutuataria.

Né può venire in rilievo, al fine di ritenere integrata tale efficacia, un successivo atto di quietanza rilasciato dai mutuatari non avente i requisiti di forma prescritti dal comma 2 n. 3 del citato art. 474 c.p.c., risultando lo stesso non omogeneo al contratto di mutuo (cfr. in merito, oltre alla già citata Cass. Civ. sentenza n.. 17194/2015, Cass. Civ., sentenza 19 luglio 1979, n. 4293, secondo la quale, in caso di mutuo condizionato, l’atto pubblico che lo contiene è privo del valore di titolo esecutivo in tutti i casi in cui la dazione della somma mutuata non risulti da atti ricevuti da notaio, ma da semplici quietanza di versamento o estratti di libri contabili della banca, ovvero da atti non formalmente omogenei al contratto. Cfr., altresì, in termini Tribunale di Potenza, ordinanza 17 luglio 2018; Tribunale di Genova, ordinanza del 23 maggio 2012 in caso del tutto analogo; Tribunale di Pistoia, ordinanza del 3 novembre 2017; Tribunale di Latina, ordinanza del 15 marzo 2016).

In conclusione, se l’atto notarile di mutuo notarile non attesta l’immediata dazione della somma mutuata e se le quietanze prodotte agli atti non rispettano la forma richiesta dall’art. 474 c.p.c., nei termini sopra chiariti, deve concludersi che il contratto di mutuo non appaia idoneo a costituire titolo esecutivo.

Ai fini di verificare l’eventuale travolgimento dei successivi interventi, occorre considerare, in termini generali, come, nel processo di esecuzione, la regola secondo cui il titolo esecutivo deve esistere dall’inizio alla fine della procedura va intesa nel senso che essa presuppone non necessariamente la costante sopravvivenza del titolo del creditore precedente, bensì la costante presenza di almeno un valido titolo esecutivo (sia pure dell’interventore) che giustifichi la perdurante efficacia dell’originario pignoramento; ne consegue che, qualora, dopo l’intervento di un creditore munito di titolo esecutivo, sopravvenga la caducazione del titolo esecutivo comportante l’illegittimità dell’azione  esecutiva dal pignorante esercitata, il pignoramento, se originariamente valido, non è caducato, bensì resta quale primo atto dell’iter espropriativo riferibile anche al creditore titolato intervenuto, che prima ne era partecipe accanto  creditore pignorante (cfr. in termini Cass. Civ., sentenza 7 gennaio 2014, n. 61).

Occorre, però, distinguere tra l’ipotesi secondo la quale il titolo con il quale il creditore precedente ha avviato l’esecuzione sia inefficace ex tunc, per mancanza dei requisiti di cui all’art. 474 c.p.c., da quella per cui lo sia diventato successivamente (come nel caso di accoglimento dell’opposizione a decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, decreto che aveva costituito il titolo per l’azione esecutiva), potendo l’intervento di altro creditore sorreggere la procedura esecutiva solo in tale secondo caso, ovvero quando il titolo del creditore procedente era in origine efficace.

Nella fattispecie in esame concretizzante l’inefficacia ab origine, il pignoramento è stato intrapreso illegittimamente, con la conseguenza che la caducazione del titolo travolge l’intera procedura, senza che possa rilevare la presenza di creditori intervenuti ugualmente titolati (cfr. in termini Tribunale di Genova, ordinanza sopra citata).

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