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Cass. Civ., Sez. I. sent. n. 31187 del 3 dicembre 2018

3. Con il terzo (violazione e falsa applicazione degli artt. 2033 e 2967
cod. civ., in relazione all’onere della prova dei pagamenti impugnati)
la ricorrente Banca si duole della violazione del principio dell’onere
della prova atteso che, avendo il correntista proposto una domanda di
ripetizione dell’indebito, ai sensi dell’art. 2033 cod. civ., era suo
onere, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., di individuare e fornire la
prova dell’esistenza dei pagamenti indebiti oggetto della sua
domanda, con la produzione in giudizio degli estratti conto, ordinari e
scalari, nella perfetta consecuzione temporale necessaria.
3.1. La Corte, in mancanza di una documentazione completa,
avrebbe validato la soluzione offerta dal CTU, il quale aveva
ricostruito l’andamento del rapporto sulla base di “scritture contabili
di raccordo”, ottenute attraverso una sorta di finzione ma senza che
esistesse la prova dei singoli pagamenti (considerato che, agli atti,
mancavano numerosi estratti, quali quelli relativi all’intero anno
1983, ai due trimestri degli anni 1999 e 2002 e ad un solo trimestre
per gli anni 1982, 1994, 1999 e 2001) e per mezzo di cifre virtuali
(pari alla differenza tra l’ultimo saldo dell’estratto periodico posseduto
ed il primo successivo disponibile).

6.3. Si è infatti stabilito (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 24948 del 2017)
che il correntista, il quale “agisca in giudizio per la ripetizione
dell’indebito è tenuto a fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti
che della mancanza, rispetto ad essi, di una valida “causa debendi”,
sicché il medesimo ha l’onere di documentare l’andamento del
rapporto con la produzione di tutti quegli estratti conto che evidenziano le singole rimesse suscettibili di ripetizione in quanto
riferite a somme non dovute.”
6.4. Tuttavia, qualora il cliente limiti l’adempimento del proprio
onere probatorio soltanto ad alcuni aspetti temporali dell’intero
andamento del rapporto, versando la documentazione del rapporto
in modo lacunoso e incompleto, il giudice – valutate le condizioni
delle parti e le loro allegazioni (anche in ordine alla conservazione dei
documenti) – può integrare la prova carente, sulla base delle
deduzioni in fatto svolte dalla parte, anche con altri mezzi di
cognizione disposti d’ufficio, in particolare con la consulenza
contabile, utilizzando, per la ricostruzione dei rapporti di dare e
avere, il saldo risultante dal primo estratto conto, in ordine di tempo,
disponibile e acquisito agli atti.
La Corte territoriale – affermando che «la mancata produzione dei
contratti e degli estratti conto completi (questi ultimi oggetto di onere
probatorio gravante sul correntista, attore in ripetizione dell’indebito)
non comporta impossibilità di procedere al ricalcolo dei saldi (…), ma
la mera necessità di assumere come punto di partenza il primo degli
estratti disponibili» – si è uniformata ai principi sopra enunciati, nel
rispetto della regola relativa all’onere della prova. Infatti, avendo il
correntista ottemperato parzialmente a detto onere, la Corte
medesima, sulla base del proprio prudente apprezzamento, ha fatto
ricorso ad una consulenza tecnica d’ufficio, compiuta attraverso la
ricostruzione dell’andamento del rapporto e condotta attraverso
ragionevoli e fondate ipotesi matematiche, in relazione alle quali
non possono – in questa sede -darsi diverse valutazioni di merito.
Trova applicazione, nel caso di specie, il principio già altre volte
enunciato da questa Corte, secondo cui «la consulenza tecnica di
ufficio, non essendo qualificabile come mezzo di prova in senso
proprio, perché volta ad aiutare il giudice nella valutazione degli
elementi acquisiti o nella soluzione di questioni necessitanti
specifiche conoscenze, è sottratta alla disponibilità delle parti ed
affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito. Questi può
affidare al consulente non solo l’incarico di valutare i fatti accertati o
dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di
accertare i fatti stessi (consulente percipiente), ed in tal caso è
necessario e sufficiente che la parte deduca il fatto che pone a
fondamento del suo diritto e che il giudice ritenga che
l’accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche» (Cass. n.
6155 del 2009; in senso conforme, v. anche Cass. n. 2069
del 2013).

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