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Cass. civ., Sez. I, sentenza n. 9141 del 19 maggio 2020, Pres. De Chiara, Rel. Fidanza

Al fine di non confondere rimesse “apparentemente solutorie” con rimesse “effettivamente solutorie”, è necessario adottare il criterio del saldo via via rettificato

Importantissimo approdo della Suprema Corte

Stralci

“Lamenta la Banca ricorrente che…  Il CTU, in sostanza, avrebbe dovuto determinare i pagamenti indebiti effettuati dal correntista sulla base del “saldo banca” sul rilievo che “anche la pretesa di un pagamento di un credito non liquido e non esigibile, che si estrinseca con un’annotazione a debito illegittima, è una pretesa indebita e, se soddisfatta, il relativo pagamento è appunto un pagamento indebito che diventa irripetibile allo scadere del termine decennale di prescrizione nel caso, come quello in esame, in cui il debitore opponga la relativa eccezione”.

Il ricorso principale non è fondato.

La banca ricorrente, nel censurare che la sentenza impugnata (alla luce delle conclusioni della CTU), ha individuato le rimesse solutorie sulla base del “legittimo saldo” rideterminato dal CTU, e non in relazione alle (debite o indebite) annotazioni della banca, ovvero sulla base del “saldo banca”, finisce, in sostanza, per contestare infondatamente la rideterminazione del saldo del conto corrente correttamente disposta dalla Corte d’Appello allo scopo di eliminare in ossequio a quanto disposto dalla sentenza delle S.U. n. 24418/2010 – ogni forma di capitalizzazione degli interessi debitori, e senza, peraltro, neppure aver proposto sul punto un motivo di gravame.

Proprio per sterilizzare l’effetto della capitalizzazione, la Corte d’Appello ha correttamente recepito il percorso ricostruttivo del CTU, il quale, dopo aver eliminato gli addebiti indebiti, ha ricalcolato separatamente sia gli interessi intrafido che quelli extrafido, ricongiungendoli “al saldo capitale alla chiusura del conto o alla prima rimessa dopo la scadenza dell’affidamento”.

La Banca ricorrente ritiene erroneamente che, per ottenere l’effetto della irripetibilità del pagamento indebito rispetto al quale è maturata la prescrizione, nel procedere alla rideterminazione del saldo del conto corrente ed alla individuazione delle rimesse solutorie, si debbano mantenere le indebite annotazioni effettuate dallo stesso istituto di credito.

E’, invece, evidente che per verificare se un versamento effettuato dal correntista nell’ambito di un rapporto di apertura di credito in conto corrente abbia avuto natura solutoria o solo ripristinatoria, occorre, all’esito della declaratoria di nullità da parte dei giudici di merito delle clausole anatocistiche, previamente eliminare tutti gli addebiti indebitamente effettuati dall’istituto di credito e conseguentemente determinare il reale passivo del correntista e ciò anche al fine di verificare se quest’ultimo ecceda o meno i limiti del concesso affidamento.

L’eventuale prescrizione del diritto alla ripetizione di quanto indebitame nte pagato non influisce sulla individuazione delle rimesse solutorie, ma solo sulla possibilità di ottenere la restituzione di quei pagamenti coperti da prescrizione.

Inoltre, del tutto infondata è l’affermazione dell’istituto di credito formulata in termini puramente astratti – secondo cui gli interessi intrafido sarebbero esigibili “alle scadenze pattuite (nella specie trimestralmente)” e che l’inesigibilità del capitale finanziato non influirebbe sugli interessi pattuiti come corrispettivo dell’utilizzazione del finanziamento.

Non vi è dubbio che il debito per interessi, quale accessorio, debba seguire il regime del debito principale, salvo una diversa pattuizione tra le parti che dovrebbe, tuttavia, specificare una modalità di calcolo degli interessi (intrafido) idonea a scongiurare in radice il meccanismo dell’anatocismo”.

Per precedenti di merito cfr. https://www.studiolegalenardone.it/corte-di-appello-di-bologna-sentenza-n-2920-del-26-novembre-2018-pres-de-cristofaro-rel-caruso-al-fine-di-non-confondere-rimesse-apparentemente-solutorie-con-rimesse/

e https://www.studiolegalenardone.it/tribunale-di-roma-sentenza-del-28-marzo-2019-est-giuseppe-russo-al-fine-di-non-confondere-rimesse-apparentemente-solutorie-con-rimesse-effettivamente-solutorie/

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  1. Mi permetto di segnalare, sul punto, anche: Corte d’appello di Milano, Prima Sezione Civile, 20 gennaio 2020, n. 176

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