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Tribunale Torino 31 ottobre 2014 – Est. Astuni

La nullità del contratto bancario amorfo opera a vantaggio del cliente. Perciò, il giudice non può rilevarla per applicare in danno del cliente un limite probatorio previsto per il solo caso dei contratti formali. La prova, da parte del cliente, dell’esistenza del contratto amorfo è libera, sì che lo stesso può utilmente giovarsi delle risultanze degli scalari (nella specie, la banca pretendeva di applicare a un rapporto di apertura di credito, nullo per mancato rispetto della forma scritta ma risultante dagli scalari, un tasso stabilito per lo scoperto di conto).

Nonostante la contraria previsione delle Istruzioni della Banca d’Italia, non autorizzate a derogare all’art. 644 c.p. e comunque operanti sul diverso piano della rilevazione del TEGM, la commissione di massimo scoperto deve essere considerata onere rilevante ai fini del riscontro di usurarietà della fattispecie concreta anche prima dell’entrata in vigore della legge n. 2/2009. Non è manifestamente illegittimo, e non può quindi essere disapplicato, il metodo di calcolo del TEGM previsto al riguardo dalle Istruzioni della Banca d’Italia.

In caso di usura sopravvenuta rispetto alla conclusione del contratto, non si applica la norma dell’art. 1815, comma 2, c.c., ma si deve sostituire di diritto al tasso divenuto usurario il tasso soglia del periodo.

Ai sensi della normativa del testo unico bancario, tutte le voci economiche (comprese la commissione di concessione/rinnovo fido e quella di disponibilità immediata) devono emergere, per poter essere applicate, da “patto scritto che ne determini in via preordinata l’ammontare”.

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